Il capitalismo vende soluzioni a sé stesso: dall’idea di “spazi liberati” collettivi alla cura di sé individualistica

Quale modello di “governo sociale” disciplina la nostra vita quotidiana? L’offerta di uno stile di vita della “tradizione” comunitaria, del ritorno a un “mondo semplice” e “frugale” – immagine residua di una società premoderna – permane solo ormai nello spazio della promozione pubblicitaria, e al più nell’immaginario letterario.

Il regime postmoderno della vita sociale si fonda, al contrario, su un continuo adattamento alle mutevoli esigenze della produzione e del consumo, improntate alla spietata concorrenza di un’economia capitalistica globale. È il paradigma neoliberista della società. Quale possibilità è data allora di resistere alla riduzione “economica” della vita sociale? Che al più consente l’esistenza marginale di “spazi liberati” collettivi, ma che, appunto, finisce per appiattire l’esistenza individuale sull’imperativo della prestazione, della performance, sulle pratiche di una diffusa competitività sociale, quale criterio di giudizio sul valore delle soggettività.

Quale possibilità di uscita da questa, quasi inevitabile, gestione individualistica della propria vita? Che non sia appunto la soluzione offerta dal paradigma neoliberista del capitalismo, di una “medicalizzazione”, nella cura di sé, di un modo di vivere le cui patologie è esso stesso a  produrre con efficacia con la sua azione di ortopedia e di pedagogia sociale. Quale soluzione alla “depolitizzazione” del legame sociale, che trasforma effettivamente la vita individuale in quella di un individuo isolato, atomizzato nella sua necessità di guadagnarsi da vivere, e che tende a smantellare ogni “differente” residua istanza di socialità?

(6, continua)

Video appartenente alla cena: