Quale linguaggio per culture di resistenza: dominazione o dinamiche materiali di classe?

La crisi climatica del mondo si fa percepibile. Affermare che la responsabilità del disastro è “sistemica” è essenziale, perché dimostra che, se il nostro stare al mondo è a rischio, non è perché l’Anthropos, l’essere umano, è per sua natura malvagio, ma perché è organizzato, da quattro secoli a questa parte, secondo la macchina del profitto capitalistico: una dinamica di appropriazione della ricchezza che, nel tenere insieme l’esistenza degli individui in una reciproca indifferenza (dell’egoismo, del cinismo), esercita il proprio controllo attraverso una diffusa e pervasiva esistenza di rapporti di sottomissione, di dominazione, secondo una logica di estrazione “a buon mercato” della ricchezza, fino a una devastante alterazione dell’equilibrio ambientale. Quindi, a proposito dell’era geologica attuale, non di Antropocene* bisogna parlare ma di Capitalocene.

Ma come fare di questa comprensione uno strumento di lotta per culture di resistenza? È sufficiente ricorrere alla terminologia della lunga tradizione marxista della lotta di classe per far fronte all’urgenza di cambiare il mondo? Per Federico Venturini, quella tradizione, che pure fornisce strumenti di analisi economica e strutturale indispensabili per comprendere il funzionamento del mondo, non è sufficiente. Quel che occorre è “un linguaggio che manca” per riuscire a fare i conti col nostro essere, al tempo stesso, vittime e beneficiari di quel sistema di dominazione e, insieme, per riuscire a immaginare “un orizzonte utopico comune” di mondi possibili.

Intanto, occorre guardare a culture di resistenza in giro per il mondo, dalle comunità curde in Rojawa al movimento zapatista in Chiapas, che sperimentano nuove forme di autodeterminazione, e guardare nel cuore stesso delle metropoli ai molti collettivi che sperimentano spazi sociali di gestione come luoghi di mutualità, di solidarietà e di riflessione comune.

* Il 4 marzo 2024, la Commissione Internazionale di Stratigrafia ha respinto la proposta di istituire l’Antropocene come una nuova epoca geologica formale. Secondo la nomenclatura ufficiale, dunque, ci troviamo ancora all’interno dell’Olocene

(2, continua)

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