È sostenibile una società, che fa dell’“innovazione” tecnologica la molla di un’espansione dell’economia, che si mira a creare, o meglio a “indurre”, nuovi bisogni più che a soddisfare le necessità della riproduzione materiale della vita quotidiana?
La parola sostenibilità può essere applicata sia all’ambiente che al business dell’economia di mercato. Ma è possibile rendere “vantaggioso”l’investimento di un’impresa industriale, senza prima definire quale finalità l’economia capitalista persegue nell’immaginare il futuro della società?Una società in cui la dipendenza di tutti dal “consumo” di tecnologia continua a garantire un “guadagno” monopolistico alle grandi corporazioni, per le quali la soluzione all’attuale cambiamento climatico è da ricercare nell’innovazione tecnologica, come l’ingegneria ambientale?
Per Steven Umbrello, questa progettualità tecnologica ignora la sfida della complessità che è data dal crescente squilibrio nella relazione tra società e ambiente – che è appunto un sistema complesso. Non è possibile affidare la soluzione a una variabile, quella tecnologica, che è essa stessa il prodotto di condizioni storiche che sono all’origine dell’attuale contesto di crisi.
Si tratta di “educare” della complessità dell’esistente. Un richiamo, questo, a «non fare le cose in fretta», a rallentare, per non ostinarsi nella ricerca di «soluzioni semplici» di breve tempo, per pensare invece a una sostenibilità di lungo periodo, in grado di garantire alle generazioni seguenti di godere allo stesso modo delle “potenzialità” della natura.
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