Soggettività collettive della “vittima”: lotta identitaria e lotta di classe

C’è una soggettività collettiva – un “noi” – che si esprime nelle guerre culturali. È quella identitaria che si costruisce nella lotta politica a partire da “quel che si è”, da una specificità soggettiva, dalla condizione di un’identità di appartenenza, anche multipla – per genere, orientamento sessuale, razza, abilità psico-fisica, retroterra socio-economico o altro ancora. A far emergere a coscienza la condizione di oppressione, cui i vari gruppi identitari sono soggetti, è una lettura etico-politica a carattere simbolico-culturale, una lettura, in cui la figura della “vittima” è la chiave interpretativa principale.

In questa fase storica, come spiegare la riduzione della lotta politica alla sfera soggettiva della personalità individuale? E, inoltre, la prevalenza della figura della vittima come si riflette sul piano della socializzazione della lotta politica stessa?

Per Mimmo Cangiano, è singolare che all’amplificarsi, nella sfera etico-simbolica, della lotta politica corrisponda una sua riduzione nella sfera materiale, economica della vita sociale. Perché, appunto, pur nella rilevanza della sfera culturale identitaria (l’essere donna o l’essere non-bianco, ad esempio), quest’ultima non smette di sottrarsi alle mutevoli e flessibili relazioni economiche del mercato del lavoro, alla costrizione cioè di “vendersi per campare”. La posizione sociale di un individuo, per quanto soggetta a “regimi di oppressione” identitaria – i più diversi e sovrapposti (intersezionalità) –, è di fatto definita in ultimo dalla sua funzionale appartenenza al processo di produzione capitalistico. Una lotta politica, per essere trasformativa della società, deve poter continuare a configurarsi come lotta di classe.

Qual è allora l’apporto delle guerre culturali nella comprensione della composizione di classe? E, per contro, come è possibile che il “portato finale” delle guerre culturali sia arrivato a giocare le politiche dell’identità contro il concetto di classe, della classe lavoratrice come “soggetto rivoluzionario”?

(3, continua)

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