L’arte di vivere è la capacità dell’individuo di entrare nel linguaggio (nei linguaggi), di farsi artigiano del linguaggio. Il cui fare è tanto più efficace quanto più si fa “gesto poetico”, un fare artistico, un modo di fare che induce l’immaginazione a inventare la capacità di disporre di sé, di riparare e curare sé stessi.
La resistenza che la complessità della vita ci offre, come dimostra Epaminondas Thomos, è un potente stimolo alla riflessione su “come” la nostra esperienza di relazione, di legame sociale, contenga la possibilità di generare noi stessi. Di produrre “forme” di uscita, per tutti noi, da quella condizione per cui un tempo si usava il concetto di “alienazione”: quella perdita di controllo sulla nostra esistenza, quell’impedimento a disporre di noi stessi in maniera ricca di senso, mentre siamo alle prese con la produzione delle condizioni sociali della nostra vita.
Oggi, quel concetto, sembra solo relegato negli ambulatori della clinica.
(2, continua)