È il progetto di C O N D I R S I, dove la particella «si» ha la funzione di un «riflessivo reciproco», a indicare che l’azione della cura è un’azione condivisa e ricambiata: un progetto su come stare al mondo insieme. È un esperimento sociale che vuole avere il valore di una pratica artistica per la creazione e l’invenzione di nuove modalità di pensare e di sentire, di una riflessione cioè sul nostro modo di vivere.
Cos’è C O N D I R S I? Il progetto per una difficile corrispondenza tra vita e arte, perché: «Sia l’arte sia la vita vogliono reciprocamente facilitare il loro compito, scaricare la loro responsabilità, poiché è più facile creare senza dover rispondere della vita, ed è più facile vivere senza tener conto dell’arte» (Micail Bachtin).
Di certo è un progetto meno ambizioso di The Land di Rirkrit Tiravanija* e delle sue opere o della gestione di Monte Verità di Henri Oedenkoven**.
Ma è ancora tempo di una critica radicale a tutto l’esistente? Non è forse meglio lasciarci alle spalle l’utopia di un mondo migliore? Ma se, invece, ci fosse qualcosa di profondamente sbagliato nel nostro modo di vivere, oggi? L’arte può allora aiutarci a capire cosa c’è da conservare e, insieme, da esplorare di nuovo?
Il fatto è che, in realtà, nonostante si viva nell’epoca della condivisione, della connessione totale, facciamo fatica a comprendere che cosa ci tiene insieme. Perché? C’è qualche pratica artistica che ha da dirci qualcosa?
Ad aiutarci a districarci tra questi dilemmi saranno gli e le Ospiti Presenti e Futuri di C O N D I R S I.
* https://en.wikipedia.org/wiki/Rirkrit_Tiravanija ** https://it.wikipedia.org/wiki/Monte_Verità
1. Mangiare a tavola, una pratica estetica totale
Mangiare a tavola, una pratica estetica (del “percepire”, del “sentire per mezzo dei sensi”), perché il cibo è un oggetto sensoriale totale. La sensualità quotidiana del nostro vivere, dal cibo alla parola, accade in bocca, questa soglia tra il «dentro» e il «fuori», tra noi stessi e il mondo.
È in bocca che si gusta il sapore del mondo, che è in gioco una «visione del mondo», anzi, una sua «degustazione», il nostro «gusto» di vivere. Insomma, a tavola, ci si appropria in pratica di quei valori, non solo alimentari, che fanno di noi ciò che siamo (alla lettera). È un modo di vivere, un ordine del mondo, ciò che si sperimenta a tavola.
Ora, la pratica artistica, nella sua energia creativa, di invenzione di nuove modalità di pensare e di sentire, ha qualcosa da dirci in più, e di critico, sul nostro modo di vivere?
La domanda è destinata a rimanere “aperta” sul tavolo.
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2. Dal piacere della tavola…
Il piacere della tavola — che per Anthelme Brillat-Savarin «è di tutte le età, di tutte le condizioni, di tutti i paesi e di tutti i giorni, può associarsi a tutti gli altri piaceri e rimane per ultimo, a consolarci della loro perdita» — è, al tempo stesso, un’offerta di piacere, se, appunto «invitare una persona a tavola significa occuparsi della sua felicità durante tutto il tempo ch’essa passa sotto il nostro tetto» (Anthelme Brillat-Savarin). La tavola è il luogo dell’accoglienza dell’altro.
A tavola l’arte della cucina, arte del combinare alimenti per il piacere di colui che mangia, è un’arte del processo che nasce dal desiderio, dalla mancanza di qualcosa, si nutre anzitutto di senso, del saper discernere e apprezzare il cibo, che non è solo il suo semplice godimento.
A che condizione, dunque, si esercita un’arte pertinente alla vita, al gusto stesso del vivere? Come giudicare la qualità dell’esistenza, il come vivere? Il gusto, la sua educazione, rimanda sempre a un senso che è una forma di conoscenza sempre impregnata dell’affettività dei nostri legami.
(2, continua)
3. …al “mi piace” dei social
Cucinare richiede il tempo del lavoro “sporco” di combinare alimenti, tra le pentole e i fornelli della cucina. Il risultato è il dono del sapore e il gusto di essere insieme tra ospiti, un piacere del vivere. La degustazione del sapore, un piacere tangibile, costituisce una convivialità, una socialità, che restituisce alla tavola la sua vera dimensione, quella della condivisione. Niente di paragonabile al “mi piace” di condivisione sulle piattaforme dei social media.
Dove si dà la ricerca del piacere di vivere, oggi? Entro quali forme (o modi) del legame sociale?
Il cibo condiviso o scambiato è segno di accoglienza, simbolo generativo di legami tra individui, il cui conversare insieme a tavola accresce il gusto stesso di mangiare e di vivere.
Nota: Il desiderio preso per la coda (1941) è una commedia di Pablo Picasso, in cui le cose quotidiane diventano protagoniste: Piedone, la Cipolla, la Torta, le Tende, l’Angoscia Grassa, il Silenzio. La prima rappresentazione andò in scena a Parigi in casa di Michel Leiris, fu recitata da attori di “eccezione”, Pablo Picasso, Simone de Beauvoir, Jean-Paul Sartre, Raymond Queneau, Valentine Hugo, e con la direzione di Albert Camus.
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