Per pensare in grande, e immaginare mondi possibili, serve imparare a ragionare? Perché, in effetti, viviamo in un’epoca in cui il nostro sguardo sulla realtà sembra affetto da paralisi: uno sguardo che ci restituisce il senso di un mondo per cui pensare a «quello che è» o a «quello che non è» alla fine non fa una gran differenza. Come se, appunto, «così come stanno le cose» non fosse un problema. E ancor meno un problema di verità.
Prigionieri, dunque, di uno sguardo senza progetto, magari un po’ incazzati, al più indignati, ma per nulla capaci di ribellione, non ci resta che conformare al «mondo così com’è» la nostra vita, e adattarci così ai suoi tempi?
O, forse, è questo sguardo un’illusione, un inganno, effetto di una menzogna più grande? Serve ancora far ricorso al concetto filosofico di verità e al suo correlato, di realtà? Come funziona il concetto di verità? Può ancora servire per orientarci nella società dei nuovi media, tra le strategie manipolatorie così pervasive della comunicazione di massa, in un intreccio sempre più spettacolare tra media e potere politico?
Ad aiutarci a riflettere su verità, menzogna e su mondi possibili ci sarà Franca D’Agostini.
1. Una diagnosi sulla perdita del legame sociale
Franca D’Agostini ci invita a non dimenticare che sempre, e da sempre come specie, gli esseri umani sono capaci di «pensare in grande», di «immaginare mondi possibili»; che la «grandezza» dell’umana attività cognitiva, rivolta al senso del possibile, è già «qui», e che basta vederla.
Perché, però, il mondo in cui viviamo ci appare come l’unico possibile? Anzi, il futuro non appare più nella sua dimensione di «promessa», perché ormai il liberismo e il sistema capitalistico si presentano come il compimento ideale stesso del mondo.
Qual è oggi la proienzione, l’anticipazione di qualcosa di atteso, che ci accomuna tutti, un desiderio collettivo rispetto a un futuro?
È invece la perdita del «legame sociale», è il venir meno di un senso di comunità, ciò che caratterizza la nostra epoca?
Di questa perdita Franca D’Agostini ci ha proposto una sua «diagnosi»: l’esistenza di un conflitto tra un processo di «democratizzazione», un processo evolutivo culturale della natura umana, come specie, segnato dal libero sviluppo dell’individuo, e strutture sociali, istituzionali storicamente oligarchiche, limitanti quel processo. Fino ad oggi, almeno.
(1, continua)
2. Cosa vuol dire pensare in grande?
A quale condizione possiamo fare esperienza, esperienza del mondo? Solo a condizione di «pensare in grande». E comunque solo a partire dal mondo che abbiamo a disposizione. Un mondo che vive una convulsa trasformazione della comunicazione tecnologia.
E c’è bisogno di tempo per imparare, e averne coscienza, da questo cambiamento.
(2, continua)
3. Una linea evolutiva: la democratizzazione
La democratizzazione è un fatto, dice Franca D’Agostini. È la linea evolutiva della specie umana. Oggi, in crisi di crescita. In una fase di transizione.
È una tendenza, un processo culturale critico, e carico di ambivalenza.
Suo elemento essenziale è la crescita dell’informazione diffusa.
In gioco, vi è la questione della verità, e della falsità. Verità che domina, in ogni caso, l’interesse di chi prende la parola, non fosse altro che per ingannare.
(3, continua)
4. La filosofia come ipotesi antropologica 1
Prima epoca filosofica della storia, la nostra? Per Franca D’Agostini la filosofia, il fare filosofia, vale come ipotesi antropologica per l’umanità: un modo d’essere degli esseri umani, una pratica di vita. Necessaria in questa fase evolutiva della specie umana.
La filosofia, come problematica della verità, nasce nel contesto della democrazia. E la figura di Socrate – il tafano fastidioso – come colui che sa dire la verità, ne è in qualche modo la «medicina» contro i rischi e i conflitti della democrazia stessa.
Socrate, nell’Apologia, fornisce una predizione che ci riguarda.
(4, continua)
5. La filosofia come ipotesi antropologica 2
«La filosofia è semplice», dice Franca D’Agostini. Un’anticipazione del libro che sta scrivendo. «Quel che è difficile è farla esistere».
Che cos’è quindi la filosofia? Come scienza, materia di insegnamento, disciplina di ricerca e, soprattutto, pratica di intervento pubblico?
Una competenza messa al servizio dell’ipotesi antropologica: un grande programma culturale su «come noi, esseri umani, potremmo essere» e forse «come sarebbero utile che fossimo in democrazia», cioè in un contesto in cui il governo del mondo si dà attraverso la discussione, il dibattito: E in discussione, sono le nostre credenze, le nostre visioni del mondo.
Allora perché non cominciare – nell’impatto con le nuove tecnologie della comunicazione – a chiederci, quale mondo vogliamo?
Dove la filosofia è di tutti e per tutti.
(5, continua)
6. Immaginare mondi possibili, tra logica modale e legame sociale
Questo mondo è il mondo in comune. Un mondo condiviso, la cui realtà, come dice Hannah Arendt, è più forte di ogni potere. È sempre il mondo in comune il punto di partenza per poter immaginare, configurare mondi possibili. Mondi che, tuttavia, possono essere i più diversi e, anche, in conflitto tra loro.
Se la soluzione non è quella del «paradosso del vicino di casa», come allora è possibile la convivenza? La formazione del legame sociale?
Franca D’Agostini ci rinvia al nostro modo di ragionare.
(6, fine)