Di quale intelligenza abbiamo bisogno per comprendere l’attuale divenire del mondo? Di un’intelligenza che si limita ad assumere che «le cose stanno così», e si attrezza a governare il mondo? O di un’intelligenza che si apre al possibile, e si impegna a una trasformazione del mondo?
In gioco c’è da decidere quale verità, se non piuttosto quale illusione, avere sul mondo – una distinzione da fare in modo coerente con il nostro vivere. Ma allora forse, prima di decidere com’è il mondo, è importante chiederci come noi lo configuriamo e come viviamo in esso. Insomma, chiederci qual è la natura dei nostri legami sociali.
Un invito ad aprire la tavola del Trittico del Giardino delle Delizie terrene, La creazione del mondo di Hieronymus Bosch.
Ad aiutarci a riflettere interrogarsi con noi su questo tema ci sarà Gianni Vattimo
1. Sabotare l’organizzazione globale del mondo (…con Martin Heidegger?)
Fare a meno di Martin Heidegger? Non pare possibile, almeno, se vogliamo comprendere la necessità e l’urgenza di «sabotare» l’organizzazione globale di questo mondo. Un mondo in cui la misura dell’umano si riduce al calcolo tecnico dell’economia politica capitalistica (e finanziaria).
«Moltiplicare l’azione di base per rallentare la rovina», è ciò che ci vuole per Gianni Vattimo, o, analogamente, un impulso etico-religioso. Che nei termini di papa Francesco, rivolto ai giovani, si dice così: «Hacer lìo!», giovani, fatecasino!
(1, continua)
2. Sognare il mondo che vogliamo… non basta
Fare a meno della rivoluzione? Il ricorso alla violenza non pare più possibile. Come però concordare sul fatto che il mondo così com’è non va bene? E poi dal punto di vista di chi?
Quello dei vinti, dei deboli. È la risposta di Gianni Vattimo. E sulla base di un fondamento emotivo della nostra vita – che sa farsi carico della sofferenza, la nostra e quella degli altri – che poi è l’amore.
(2, continua)
3. Impegnarsi a fare che nel mondo 2.0?
Non è possibile, per Gianni Vattimo, impegnarsi a cambiare il mondo senza una comunità di riferimento, una comunità concreta, «corporea» o «carnale». Ma allora in base a quale sensibilità gli individui si possono unire in un progetto di cambiamento del mondo?
Intanto, cominciare a ritrovarsi insieme per parlarne.
(3, continua)
4. Verità vs solidarietà?
«L’unica verità è la solidarietà», dice Gianni Vattimo. Ma come rendere solidale «il pensiero dei deboli»? C’è bisogno di ricorrere al pensiero di un «re taumaturgo», di un’autorità medioevale, com’è oggi ancora il papa?
Cos’è il nuovo papato? Un’innovativa strategia di marketing del potere? O una rinnovata speranza di liberazione per i deboli?
(4, continua)
5. Non ricordare più le tante volte che abbiamo tentato
Da Karl Marx, l’idea irrinunciabile che lo stato delle cose – il sistema capitalistico dell’economia – richieda una trasformazione radicale; da Gianni Vattimo, l’idea di moltiplicare «focolai di disordine sociale» per continuare a resistervi. Per evitare la catastrofe. Almeno, per il tempo necessario di prenderne coscienza.
Un invito a non rimanere preda delle «tante volte che abbiamo tentato», dei fallimenti che la memoria storica ci consegna, a dimenticarsene per poter creare storia.
Un invito a mettere in atto forme di resistenza. Anche «standone fuori». Come succede nella convivialità attorno al tavolo di C O N D I R S I, per praticare insieme il «bisogno» di una vita felice condivisa.
(5, fine)