La questione teologica dei “peccati capitali”, quelli “minori”, sembra “estranea” alla comprensione di un giovane alla tavola. Ma per la sensibilità deipresenti meno giovani, un’invenzione della cultura medioevale non così trascurabile nella loro formazione educativa.
Il tema dei peccati carnali riguarda la relazione con il proprio corpo e con quello degli altri, come ricerca di un godimento fisico, come esperienza del piacere riferita appunto all’assunzione di cibo e di bevande e all’esercizio della sessualità. Ma per la morale cristiana, come e perché queste passioni del corpo e dello spirito si deformano in qualcosa di deprecabile, e cioè in voracità (gastrimarghia) e lussuria (pomeia)?
Per Enzo Bianchi, l’ingordigia di cibo e di sesso affonda le radici in uno stesso terreno, quello della «violenza che ci abita», là dove il corpo è chiamato alla prova della relazione, ad esprimersi nella “congiunzione”, nell’”essere con”, con l’altro e con gli altri. È una scoperta che richiede un «apprendistato».
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