Il mondo, così com’è, non va bene. Farne venire un altro, e per starci bene, è però un problema. Anzi, è il problema per eccellenza della politica.
Ma se l’attuale giustificazione dello stato delle cose non dà spazio a un’alternativa, all’opportunità di collaborare alla creazione quotidiana di un mondo della convivenza, in un progetto comune, allora il senso di impotenza verso il cambiamento, è un problema per la politica. E, soprattutto, se questo sentire è qualcosa che accade nelle giovani generazioni – «tanto non cambia niente».
Se poi l’attuale gestione della “cosa pubblica”, del bene comune, relega l’individuo a una vita emozionale rassegnata all’irrilevanza sociale, con il suo sufficiente carico di sofferenza e di difficoltà di stare al mondo, che altro spazio d’azione resta – e sui social media e nella piazza – se non quello dell’intrattenimento? Della distrazione nello svago?
L’emozionalità della convivenza, con cui si produce la vita comune – uno stare insieme – non sembra essere oggi al centro dell’interesse dell’agire politico. E se lo fa, lo fa solo nella prospettiva della competizione e della negazione dell’altro, secondo il modello dell’ideologia del “mercato”, della prevalenza del potere.
O, intanto, è il capitalismo di mercato a essere in crisi, a non funzionare più come promessa di crescita illimitata?
(4, continua)
Video appartenente alla cena:
Cena Nº70
La sindrome di Hyde Park Corner. Come trasformare i soliloqui in dialoghi
con Giuseppe I. Morello