La pluralità delle lingue è la “condanna” cui ci consegna il mito della Torre di Babele?
È la condanna all’impossibilità di costruire un linguaggio universale. Che è poi ancora l’aspirazione della scienza moderna, di origine galileiana, per la quale la matematica, la logica formale, è la lingua universale in cui si manifesta il «libro della natura».
In che lingua si esprime la verità? L’accesso alla verità è un problema, fin dall’epoca di Bacone, teologico e, insieme, epistemologico, di conoscenza della realtà.
Su che base – linguistica – è allora possibile costruire l’universalità, la comunità degli uomini? È la riduzione all’uniformità di una lingua unica o è l’accettazione della pluralità delle lingue, a garantire la convivenza umana? Un problema, per Gaetano Chiurazzi, etico. Cosa si perde e cosa si guadagna nella rinuncia al “sogno” (regressivo?) di una lingua adamica?
(1, continua)