Tradurre non è, per Gaetano Chiurazzi, una questione solo linguistica. È un incontro di contesti, di mondi diversi, e di storie. E, in alcune situazioni, può avere un’incidenza diretta, pragmatica – etica, quindi – sulla vita di altri.
In generale, una parola, che nella lingua di arrivo presenta ambiguità rispetto alla lingua di partenza – è cioè traducibile in più significati – obbliga il traduttore a interrogarsi, a decidere cos’è in gioco nell’esperienza dell’altro.
In questo “doppio sguardo” del traduttore, dall’interno di una lingua e dall’esterno di un’altra, la sua interpretazione si rivela un esercizio di meravigliosa bellezza, nel “dare voce” all’esperienza di un altro e nell’espandere in profondità la propria.
(3, continua)