Il teatro è un’intensificazione della vita? La risposta è sì se si ripercorre la lezione aristotelica dell’arte drammatica*, a partire dall’”osservare” quell’evidenza, così immediata, che sono le passioni umane – quell’“essere appassioni” che è la nostra peculiare modalità di stare al mondo, un “patire” che confligge con l’immagine di un soggetto “padrone di sé”, la cui presunzione è così dominante.
Un’osservazione di sé che equivale al principio buddista della disidentificazione – in una domanda: Che cosa è io? – per potersi sottrarre all’immobilità tirannica dell’Io, all’adesione immediata dell’esperienza mentale – della passione e del desiderio – e potersi pensare invece come soggetto in continua costruzione. Anche, e ancora sempre, davanti al «poco tempo che resta».
Ma in fondo, e vale per ogni età, perché mai dissipare la vita in azioni vane e inutili, anziché orientarla in funzione della domanda: di che cosa avere voglia davvero?
* Vedi il video: 2. Siamo tutti attori – con Antonio Attisani – Aristotele e l’arte drammatica come fondamento dell’educazione.
(7, fine)