Il compito dello storico, e della storia in generale, è quello di collocare gli eventi in un contesto generale, da cui gli stessi eventi traggono il loro senso.
Cosa succede quando una pubblicistica storica si limita a raccontare, se non a celebrare, eventi eccezionali – come è il caso delle foibe – che rovesciano il senso della responsabilità storica del fascismo? E questo giocare sull’eccezione si fa norma, contro-storia dominante?
Di certo, è una sconfitta per gli storici. Ma segna anche lo smarrimento di una classe politica democratica di centro-sinistra e di una cultura liberale conservatrice, che non è più in grado di richiamarsi con forza, secondo Carlo Greppi, all’eredità della sua stessa genealogia resistenziale.
In questa celebrazione della storia dei “vinti”, che riconduce a normalità la propaganda fascista, viene meno la memoria di quella stagione resistenziale, da cui trae origine il patto fondativo di una comunità democratica.
(1, continua)