Non è, la nostra, una società basata sulla sussistenza. È la società delle merci (vedi sopra: 2. Riproduzione sociale versus riproduzione del capitale), dove il processo della produzione sociale non è orientato a garantire l’immediata soddisfazione dei bisogni, l’esistenza per tutti – la sussistenza e in generale la riproduzione sociale; al contrario, l’esistenza di tutti deve entrare in una mediazione generale di compra e vendita, dove è la realizzazione in denaro a configurare il processo della vita sociale, la forma della ricchezza sociale. È questa cosa sociale “la reale sostanza comune, la sostanza universale” (Karl Marx) ciò da cui viene a dipendere l’esistenza per tutti. E non è affatto garantita.
L’esistenza di relazioni dirette, entro cui è possibile intervenire «sulla definizione delle condizioni della nostra vita», è oggi relegata a una dimensione di marginalità della vita sociale. È una marginalità, rispetto al sistema dominante di dipendenza sociale della nostra vita, che consegna quella modalità di vivere (del “vernacolare”, e non dell’economico, per Ivan Illich) a una nostalgia romantica?
Per Massimo De Angelis, è invece possibile «trovare il modo di espandere la nostra capacità decisionale collettiva di definire la cooperazione sociale», un modo basato sul tentativo di rendere il «fare comune», il fare collettivo un processo poroso, aperto a un sociale che è plurale, della moltitudine. Un’evoluzione del «procomune» che richiede una visione strategica di lotta su due fronti, un Giano bifronte, con un occhio rivolto all’interno, verso la persistenza di asimmetrie di potere (ad esempio, di genere), e un occhio rivolto all’esterno, verso le grandi gerarchie di potere del nostro mondo.
In tempi di impotenza, di incapacità di costruire un altro mondo, occorre non lasciarsi afferrare dal senso di paralisi di fronte alla “contemplazione dei contrari” (Paolo Virno), alla «danza macabra» del sistema-mondo capitalistico per il quale «la ricchezza sta nel mezzo della povertà, la costruzione della crescita produttiva nel mezzo della distruzione ecologica».
(3, continua)