Una metamorfosi antropologica è in atto nel passaggio all’epoca della tecnologia digitale? Per Davide Sisto, la proiezione delle nostre vite sul mondo virtuale influenza direttamente il nostro corpo; è una relazione che si caratterizza per una mutata espressione di «che cos’è il nostro rapporto con il corpo, con la nostra identità, il nostro rapporto con l’altro».
Per descrivere questa “mutazione” è più pertinente fare ricorso alla metafora “carne digitale” che non “corpo digitale”. Dove la carnalità rende l’idea della visceralità dell’investimento emotivo che caratterizza la nostra azione on-line, mediata dagli schermi, nel mondo della virtualità.
Siamo in una fase di espansione della “presenza”, per la quale il fare esperienza di sé non solo non richiede più la fisicità del corpo, ma anzi si esprime come bisogno di comunicazione con l’altro “che non esiste”, come volontà, che è parte della storia umana, da Pigmalione in poi, di costruzione dell’altro come “essere non esistente”. È una forma di comunicazione con l’altro che “va oltre l’altro” come presenza fisica, e soddisfa la fantasia umana relativa al “non esistente”; è la manifestazione della capacità umana di «renderci sempre più complessi», della «capacità di evolverci con maggiori opportunità nelle relazioni interpersonali e nella creazione delle nostre fantasie».
Ma come interpretare la non centralità del corpo biologico? Si tratta di una “messa da parte” del corpo – in linea con la sua “condanna” culturale, che attraversa la visione dualistica (anima/spirito vs corpo) della tradizione occidentale – o si tratta di un potenziamento della sua esperienza? O, ancora, è l’indice di un cambiamento del rapporto con la nostra finitezza, e quindi con il nostro desiderio di non essere finiti?
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