Il greenwashing, una strategia comunicativa di marketing aziendale o istituzionale, presenta come ecosostenibili le proprie attività di politica industriale, e cerca di occultarne l’impatto ambientale negativo. È un tipo di informazione che pone un problema di accesso alla verità sullo stato delle cose. La realtà delle cose attiene alla riduzione dell’impronta carbonica (emissione di CO2e) sulla scena globale del mondo
Basta farsi una domanda, o due. La riduzione di emissioni, promossa dalle iniziative di politica economica a livello europeo, corrisponde davvero a un guadagno sull’impatto ecologico globale? Quale scenario razionale di riduzione – un obiettivo primario – è davvero auspicabile? La produzione industriale, ad esempio nel settore mobilità, è effettivamente pianificata ai fini di una “decrescita” compatibile con gli obiettivi della riduzione dell’impronta carbonica? A oggi, il modello della centralità dell’impresa risulta in gran parte fallimentare – a partire dall’omissione diffusa della disposizione costituzionale sulla responsabilità sociale dell’iniziativa economica privata*.
È possibile definire una razionalità del processo di transizione ecologica? Per Emanuele Leonardi è possibile a condizione di concepire la razionalità – la verità sulle condizioni di vivibilità ecologica del pianeta – come un processo che si costituisce, una costruzione che si afferma nella sua processualità, secondo una dinamica definita dall’oggettività del conflitto sociale. Allora, a questa condizione, in una dinamica di negoziazione, e forse di alleanza, diviene possibile apprendere un “piano di convergenza” tra i soggetti delle diverse classi sociali coinvolte nel processo storico della transizione. Altrimenti, “non se ne esce fuori”.
* Art. 41 – L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
(7, continua)