L’attuale ambiente informativo – quello dei sistemi di messaggistica online e dei social media – quale forma peculiare di fraintendimento, di malinteso comporta? Sui social media l’informalità immediata del messaggio – tipica dell’oralità – e, al tempo stesso, la sua permanenza – tipica invece della scrittura – non fanno che produrre, attraverso una continua decontestualizzazione e ricontestualizzazione dei messaggi, la possibilità di un loro mutare, anche radicalmente, di senso.
La moltiplicazione dei media – un flusso informativo che si muove tra scarsità e sovrabbondanza – non fa che accrescere la possibilità del “fraintendimento” con effetti tutt’altro che trascurabili sui processi di elaborazione, di trasmissione, di ricezione, di comprensione dei messaggi. E anche dare luogo ad abusi (body shaming) e a inganni.
Ma davvero l’ambiguità comunicativa ha solamente effetti negativi? E, poi, è davvero possibile abolire il malinteso, e stabilire una “sintassi” lineare dei buoni e dei cattivi modi di comunicare? O non è forse meglio adottare una visione non lineare del comunicare e riconosce così che l’azione di elaborazione, trasmissione e ricezione dei messaggi è sempre complessa, stratificata, e proprio per questo sempre «imperfetta»?
“A maggior ragione nell’attuale universo informativo, dominato dalla simultaneità e dalla reciprocità/interazione dei ruoli, una visione non lineare del comunicare è semplicemente indispensabile proprio perché riconosce nell’essere circondati da informazioni spesso incompiute e anche frammentarie non solo una realtà inevitabile ma anche un aspetto dell’umanità stessa del comunicare.” (da La comunicazione imperfetta di Gabriele Balbi e Peppino Ortoleva)
(3, continua)