La scarsità di informazione, di informazione attendibile, non riduce affatto l’accesso a una comprensione del mondo, anzi, spesso ha un effetto contrario: tende a produrre «informazioni» (a volte del tutto o solo in parte, false, a volte non distinguibili da una notizia) in grado di affrontare la sfida della complessità del mondo.
L’“invenzione” dell’informazione è una tendenza tipica del cospirazionismo. Vale l’affermazione di Richard Hofstadter, per cui i cospirazionisti «a volte nella loro stravagante passione per i fatti arrivano a fabbricarli». A soddisfare, appunto, il bisogno di una spiegazione generale, di ricondurre a una causalità unica il problema della presenza del “male” nel mondo. Al riguardo, La storia della colonna infame di Alessandro Manzoni è davvero straordinaria nella narrazione del fenomeno cospirazionista.
Ma anche l’eccessiva quantità di informazione può avere un effetto simile sul cospirazionismo. La necessità di semplificare il flusso di comunicazioni e le varie versioni contrastanti di un medesimo fatto (come la pandemia del Covid-19), finisce per giustificare la ricerca e la selezione di fonti all’apparenza meno accessibili o tenute nascoste dall’informazione mainstream.
“La produzione e la diffusione di storie cospirazioniste, insomma, può essere mossa sia da una scarsità sia da una sovrabbondanza delle informazioni, il che conferma la tesi […] secondo cui quelle che all’apparenza sono due condizioni opposte in realtà possono avere anche effetti convergenti.” (da La comunicazione imperfetta di Gabriele Balbi e Peppino Ortoleva)
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