La scrittura è una “tecnologia dell’intelletto”, del sapere. Non influenza solo l’attività di apprendimento, ma l’ambiente di comunicazione entro cui avviene l’esperienza di apprendere. E là, soprattutto, dove la scrittura, nella linearità del suo carattere a stampa, è relegata dentro a un libro, l’ambiente di apprendimento – la scuola – finisce per presentare modalità standard uniformi e autoritarie di comunicazione.
La disciplina della scrittura richiede una diversa applicazione di codici comunicativi rispetto a quella esercita in un ambiente in cui è prevalente la dimensione di un’oralità più “informale” – il cui codice, in alcuni contesti socio-culturali, si presenta in realtà affatto rigido. In aula, la comunicazione scolastica non richiede solo di apprendere regole d’uso di una lingua culturalmente elaborata – non è risolvibile solo nella testa di chi apprende, in una pura competenza cognitiva; ciò che è da apprendere è l’esercizio di una pratica sociale, la capacità di assumere la prospettiva di un ruolo sociale di interlocutore funzionale a quel contesto di apprendimento, alla situazione linguistica dell’aula. È una competenza sociale che comporta una disciplina emotiva e affettiva molto elevata.
PS: la conversazione a tavola sul tema dell’apprendimento comunicativo a scuola è stata una “perfetta” dimostrazione della pertinenza del modello della comunicazione imperfetta.
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