È la scuola, l’aula scolastica, a tenere insieme il burattino Pinocchio di Carlo Collodi e il maestro di Enrico, Giulio Perboni, del libro Cuore di Edmondo De Amicis, personaggi di due romanzi di formazione. Un contrasto, in uno spazio immaginario, di figure allegoriche – della trasgressione alle regole, l’uno, e dell’abnegazione di sé e della conformità ai valori borghesi (patria, famiglia e lavoro), l’altro – che hanno dato forma ad un immaginario sociale sull’educazione a partire dall’Italia post-unitaria fino a gran parte del ‘900.
Un immaginario letterario che sembra rispondere a quel bisogno di formazione civile iscritto nella celebre frase di Massimo D’Azeglio (1798-1866): “Abbiamo fatto l’Italia, si tratta adesso di fare gli italiani”.
Ma, in questo immaginario culturale, che spazio è assegnato all’“educazione sentimentale” ? E, in generale, quale figura femminile è presente nella letteratura della seconda metà dell’800, dall’opera lirica ai romanzi, come L’educazione sentimentale e Madame Bovary di Gustave Flaubert?
Per la figura femminile, quando non marginale, ma al centro come figura di emancipazione, in contrasto con le richieste sociali di segno patriarcale dell’epoca, esiste generalmente un’unica via al suo compimento narrativo, la morte. Con questa eredità dell’immaginario culturale come fare educazione sentimentale?
(1, continua)