È in quella linea sottile di confine tra la finzione e la realtà – su cui si costruisce ogni racconto, non meno che il racconto di sé – che “si fa” l’educazione sessuale? Perché, nel tempo in cui l’esperienza amorosa si presenta nella nostra vita, il desiderio emotivo profondo dell’incontro con l’“altro” richiede una storia.
A educare l’espressione del sentimento d’amore è ancora la “storia d’amore” che, dalla sua origine nella letteratura cavalleresca medioevale, definisce il “modello romantico” dell’amore? O non è, invece, quel modello a rappresentare un ostacolo oggi per l’educazione sessuale?
Nella sua fase iniziale, l’amore, riferito alla sessualità, all’intimità corporea che vi si associa, è problematico. E l’espressione del desiderio, che nel modello romantico si nutre della distanza, dell’assenza dell’altro, non aiuta. Forse però dell’influenza letteraria, per dare parole all’amore, non si può più fare a meno. È la letteratura stessa a generare il desiderio d’amore, a intensificarne l’interiorità.
Ma oggi, in una società in cui, per Gabriele Vacis, la vita tutta si trasforma in “intrattenimento”, dove la competizione, in una compulsiva ricerca individuale di soddisfazione, si fa spettacolo e genera una continua conflittualità, c’è il rischio di non avere più le parole per dire la relazione d’amore.
Allora dove soddisfare il bisogno di storie di intimità, oggi? C’è ancora sempre la possibilità di apprendere dall’amico o dall’amica che già è a conoscenza dell’intimità corporea o, come in Sex Education, si suppone che ne abbia l’esperienza.
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