È ormai da relegare al “c’era una volta…”, a residuo mitologico degli anni ‘70, la figura di un “soggetto rivoluzionario” portatore di un progetto di cambiamento radicale nella società? Eppure, a fronte della minaccia ecologica planetaria, la necessità di una trasformazione delle relazioni e delle strutture sociali si impone come una necessità che investe la vita quotidiana. Ma come la consapevolezza di una prospettiva di trasformazione – una condizione soggettiva – può assumere la forma efficace di un “percorso comune”, di un orizzonte di senso, per cui la possibilità di fare insieme diviene essa stessa espressione quotidiana?
Forse si tratta di considerare la persistenza di uno stato di cose – le condizioni oggettive di “squilibrio del mondo”, e di crescente riproduzione dell’ingiustizia sociale – come un problema che riguarda la coscienza degli individui circa la possibilità di resistenza, di lotta. C’è bisogno cioè di nuovo approccio per la creazione di uno spazio collettivo, dove formare una coscienza comune? A partire anzitutto dal riconoscere “il sistema che è dentro di noi”, che limita la formazione di “soggettività resistenti”, di soggettività libere dalla visione gerarchica che è alla base di ogni sistema di oppressione?
«La situazione è estremamente frammentata, e quindi è praticamente impossibile oggi tirare delle conclusioni e dare delle indicazioni o delle prospettive unitarie» (Gianfranco Pancino). Oggi, l’esistenza di movimenti di resistenza, che sono «effimeri e limitati» negli obiettivi e nella loro composizione sociale e politica, pone però l’esigenza di individuare nuove forme di lotta, di organizzazione e di riflessione comune.
C’è allora bisogno di un nuovo “metodo di studio”, di una nuova riflessione collettiva, per interrogarci su una prospettiva “militante” di trasformazione della società, a partire da interrogativi progressivi, da cui esplorare potenzialità relazionali, “forme associative adeguate”, avviare esperienze trasformative, muovere verso nuove opportunità di forme di vita, tali da rimettere in forma le regole della convivenza. Ma, soprattutto, c’è bisogno di partire dalla riscoperta di quelle emozioni che rendono appassionata una vita orientata a lottare per la realizzazione personale e, insieme, per la solidarietà collettiva – così come ce ne dà dimostrazione l’autobiografia di Gianfranco Pancino.
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