La politica pubblica è trasformativa della realtà sociale – dei luoghi di vita – solo quando realizza i bisogni degli individui che la abitano. Non basta però che la politica pubblica tenda a dare nome, e voce, a un bisogno che esiste già, a generare un soggetto del discorso pubblico degno di attenzione pubblica – dotato del diritto di cittadinanza – cui destinare risorse collettive; la realtà di un bisogno esistente deve tendere a esplicitarsi in un movimento reale, portato a consapevolezza per farsi domanda politica, esercizio effettivo di cittadinanza.
La politica delle aree interne ne è un esempio. Un’area interna – uno spazio maggioritario della realtà territoriale italiana – è quell’area che sta lontano dall’offerta dei sevizi di cittadinanza (ospedali, scuole, stazioni), e in quanto tale è portatrice di un bisogno effettivo. Ma la politica delle aree interne al momento risulta inattuata, e in gran parte bloccata.
A che condizioni allora una collettività chiede un futuro più giusto? Quali siano le cose giuste per un miglior funzionamento della società è cosa che in realtà, per Filippo Barbera, si sa già; il problema è che questa domanda di futuro non trova espressione. Come allora costruire un legame tra coscienza della crisi – che investe la vita degli individui, dalla crisi ecologica all’ingiustizia nella distribuzione della ricchezza – e realtà della vita quotidiana?
Oltre a ripensare il rapporto tra politica pubblica e comunicazione, sempre più assoggettata alla logica spettacolare dei media, occorre porsi il problema di come colmare il divario gigantesco oggi esistente tra quello che si sa, la conoscenza, il sapere tecnico – una ricchezza reale – e quello che si fa, l’azione politica, che ne limita l’adozione ai fini di una società migliore, più giusta.
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