Come l’individuo incontra il mondo o i mondi in cui vive? E come questo intreccio diviene significativo per l’individuo?
Su questo problema cosa hanno da dirci le teorie postmoderne sulla soggettività, sui processi della mente e, più in generale, sull’esperienza del soggetto individuale?
Un punto di avvio. Le consapevolezze epistemologiche postmoderne implicano il superamento della tradizionale e rassicurante separazione soggetto/oggetto, osservatore/osservato. A partire da qui, ciò che cambia è l’immagine stessa di noi come soggetti: noi co-siamo e sono le relazioni a cui partecipiamo che creano incessantemente realtà inventate che ricorsivamente ci creano.
Ad aiutarci a ri-conoscerci in questa complessità della nostra esperienza ci sarà Marco Bianciardi.
1. Come conosce(re) un sistema vivente?
Noi, esseri viventi, siamo sistemi complessi. Uno stato futuro della nostra esistenza non è così facile da definire a partire dalle sue condizioni iniziali. Il nostro divenire, il processo in cui siamo immersi, non è così prevedibile. Almeno, non come per una palla di cannone.
Per la palla di cannone, la precisione con cui è possibile prevederne la traiettoria – dove cioè cadrà – è direttamente proporzionale all’esattezza dei parametri che riusciamo a misurare, alla completezza delle equazioni e dei relativi calcoli necessari per descriverne il sistema, e alla conoscenza di tutte le variabili in gioco.
Allora, come attrezzarci a conoscere meglio ciò che ci fa essere quel che siamo? Qualche strumento concettuale, per Marco Bianciardi, è già a nostra disposizione. A partire dalla “rivoluzione epistemologica” della cibernetica.
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2. Individuo e sistema: il contesto
È il contesto che fa la differenza, nella comprensione della nostra esperienza del mondo.
La parola deriva dal latino “contèxtus”, p. p. di “con-tèxere”, tessere insieme, intrecciare. Che non quindi un semplice “contenere”, dal latino “con–tinére”, comp. da com = cum, insieme, e tenere, fermare, un tenere insieme o fermo. È, per Marco Bianciardi, la stessa differenza che passa tra il mosaico e il quadro.
“L’essere vivente, infatti, è l’esser parte di e l’esser partecipe a; vivere significa e implica partecipare a reti di relazioni, ovvero a un ecosistema a sua volta vivo e in evoluzione. […] L’individuo biologico, piuttosto che entrare in relazione a partire da un essere a sé stante, si distingue a partire da un appartenere, o da un esser parte di: l’individualità si dà nel differenziarsi dai contesti di relazioni che lo generano e di cui è, e resta, partecipe.
In questo senso quindi in principio vi è la relazione; o, meglio, l’intreccio, fittamente intessuto, di miriadi di relazioni, che formano la trama, storica, concreta, evolutiva, della biosfera. Il singolo organismo, infatti, non precede il contesto e le relazioni, non si dà mai fuori contesto, non può storicamente e concretamente esistere se non entro un contesto di relazioni.” (Marco Bianciardi, L’osservatore cieco. iBooks.)
È l’intreccio di relazioni, alla cui costruzione partecipiamo, a definire il contesto, ed è il contesto ciò che a sua volta definisce la nostra individualità.
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3. Il soggetto del conoscere è la relazione
Cambia qualcosa sapere che il processo di conoscenza è parte di un intreccio, del tessuto relazionale – biologico, sociale e storico – del nostro vivere nel mondo? Che ogni «riflessione ci mette tra le mani un mondo»?
Per Marco Bianciardi, ciò significa che viene meno l’abitudine a cadere nella «tentazione della certezza» del processo cognitivo, la presunzione della sua “oggettività”: la convinzione cioè di «credere che le cose sono solo come noi le vediamo, e che ciò in cui crediamo non può avere alcuna alternativa. […] situazione in cui ci troviamo a vivere quotidianamente, la nostra condizione culturale, il nostro modo di essere umani.» (H. Maturana , F. Varela)
La chiave da cui partire è comprendere che «ogni cosa detta è detta da qualcuno», e che «ogni azione è conoscenza e ogni conoscenza è azione». A partire da qui, dalla consapevolezza cioè che noi configuriamo il mondo in cui viviamo, abbiamo la responsabilità di chiederci come lo configuriamo e come noi viviamo in esso. Perché appunto questa relazionalità della conoscenza ci ricorda, per citare ancora H. Maturana , F. Varela, che «il toccare con mano è l’aspetto vitale della conoscenza ed è associato alle radici più profonde del nostro essere conoscitivo». E proprio perché ci offre l’opportunità, come osservatori, di scoprire la nostra cecità, che la nostra esperienza del mondo non è così dotata di evidenza come appare.
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4. L’osservatore cieco: creatore / creatura di contesti viventi
«L’uomo è l’occhio con cui l’universo ha imparato a osservare sé stesso.»(Victor Weisskopf)
Nell’occhio dell’essere umano,il mondo, l’interanaturaapprende a osservare sé stessa, si fa cosciente di sé. L’emergere della coscienza è il farsi dell’uomo, esso stesso, “creatore”, creatore di mondi, di realtà virtuali: nel pensare, nel conoscere, nel narrare, nel sognare, nel provare emozioni, tutte espressioni di un fondamentale orientamento relazionale della vita. Accadono cioè sempre in un contesto, e proprio in un mondo di cui l’essere umano è la “creatura”, sempre in divenire, la sua costruzione evolutiva e creativa.
Una costruzione contestuale, dunque, quella del soggetto umano, al tempo stesso creatore e creatura. Anche quando dei processi di cui è composto l’osservatore è cieco. Per Marco Bianciardi, da ciò deriva qualche importante conseguenza per il nostro stare al mondo
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5. Il tiramisù o della cura di sé
Non ci basta “vivere”, vogliamo “più vita”: è il dilemma del tiramisù, del concedersi il piacere di un dolce che può far male, per un eccesso di carboidrati. In gioco, c’è il “conosci te stesso” (lo gnōthi seauton), celebre prescrizione delfica, formula fondatrice, nella storia del pensiero occidentale, della questione del rapporto tra il soggetto e la verità.
La preferenza per il tiramisù complica un po’ la cosa. Perché pone il problema del rapporto tra il “conosci te stesso” e la “cura di sé”? Quale è il termine preminente? Quale dei due contiene l’altro?
Lascio alla visione del video la ricerca di una risposta.
(5, continua)
6. Se uno non si ribella si scompare (antonino)
Che la specie umana sia la principale causa dell’estinzione di massa oggi in corso sul pianeta Terra– e a sostenerlo è lo studio pubblicato dall’Accademia delle scienze (2017), in cui si parla di “annichilazione biologica”–un fenomeno “più serio di quanto temuto”, in grado di minacciare, oltre alle specie animali, la stessa civiltà umana, non depone a favore della capacità adattiva della sua evoluzione. Anzi.
Ma forse, per scongiurare la catastrofe, è necessario che si compia un salto qualitativo di quella capacità che è propria della nostra specie, la nostra competenza autoriflessiva: e cioè un apprendimento, uno sviluppo della strumentazione concettuale, in grado di rendere possibile la comprensione della complessità dei processi, che siamo noi stessi a generare.
La frase di Antonino – «Se uno non si ribella, si scompare» – è la massima che può farci da guida.
(6, fine)