Al centro c’è il corpo. Nessuna educazione ignora il corpo. Anzi, lo disciplina. Ad esempio, ne prescrive una rigida immobilità dentro un’aula scolastica. È lì, nel trattamento del corpo, che si evidenzia come il corpo segna la presenza al mondo della nostra soggettività, il nostro posto nel mondo.
Per l’educazione dominante, tradizionale, è un’esperienza in prevalenza chiusa «dentro la testa», tutta cognitiva. Che non si interroga – e questo è grave – su «dentro cosa» sta la testa, di quale contesto di relazioni un corpo ha bisogno per riuscire a esprimere ciò di cui è capace, le potenzialità di un individuo.
È a partire da qui, dalla questione fondamentale: che cosa può un corpo, che una «gaia educazione» misura la sua irriducibile differenza rispetto dall’istruzione scolastica. Perché fa dell’educazione una questione di apprendimento esperienziale.
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