La “rivoluzione digitale” dà forma alla nostra vita, ne è una mediazione potente, e, attraverso i suoi dispositivi tecnologici, modella la nostra esperienza del mondo. È una trasformazione antropologica del nostro stare al mondo.
Ma la questione su cui Gaetano (Nino) Chiurazzi ci invita a riflettere è un’altra, davvero radicale: è una questione vecchia quanto la storia della filosofia, che risale al pensiero pitagorico (vedi Nota), e va esplorata per le scelte filosofiche fondamentali che riguardano il tema del come è fatta la realtà, dei rapporti tra realtà e conoscenza, della stessa concezione della vita.
La questione riguarda la tensione tra formae mentis, tra un modo «digitale» – di tipo seriale, discontinuo, combinatorio – e uno «analogico» – di tipo differenziale, continuo, posizionale – nel nostro modo di comprendere il mondo.
Come questi due modi di pensare – algoritmico, uno, e contestuale, l’altro, si riflettono nella comprensione della realtà, e della vita stessa?
Nota: Nella prima parte (mancante) della cena si è fatto riferimento al dibattito matematico intorno alle grandezze incommensurabili (l’incommensurabilità della diagonale) – dottrina, esposta da Euclide nel Libro X degli Elementi, attribuita a Teeteto, la cui scoperta ha avuto conseguenze dirompenti sulla visione del mondo greca e pitagorica in particolare. Teeteto chiamava le grandezze incommensurabili dynámeis (potenze).