La «rivoluzione digitale», con tutti i suoi artefatti, rappresenta un così radicale cambiamento della nostra vita da non averne ancora una piena comprensione: è una vera e propria rivoluzione antropologica nella nostra società.
Ma una cosa è indubbia. Che la tecnologia digitale offre alla nostra vita mentale, nella forma, per così dire, di una realtà “aumentata”, come oggetto di ricerca, di conoscenza, l’organo stesso della sua attività cognitiva, e cioè il cervello umano.
Questa interazione tra cervello e macchina digitale, anzi di più, a volte già ibridazione, sembra contenere la promessa di un potenziamento inimmaginabile della nostre capacità cognitive. E, tuttavia, nel confronto fra la macchina digitale e il cervello, nella complessità delle sue connessioni organiche (biologiche, psicologiche, simboliche), una questione di fondo si pone: quella dei rispettivi modi di funzionamento, così diversi.
Gaetano Chiurazzi ci ha ricordato qualcuna di queste differenze. Differenze, che attengono alla capacità analogica e a quella digitale di funzionare. Differenze che permangono, almeno, fino a che il funzionamento della macchina digitale non finirà per colonizzare a poco a poco l’organismo umano che già comincia a vivere nel “qui e ora” come se fosse indipendente dal contesto che lo situano, attraverso i suoi legami, in uno spazio e in una storia.
(3, continua)