L’incastro, a partire dall’ambito erotico, si evolve e si estende a incastro di sesso, di amore, di cibo, di sensi, di affetti, di sentimenti, di movimenti – tutti incastri che disegnano traiettorie di incontri e di legami, quelli di cui è fatta la nostra vita.
Siamo definiti dai nostri confini, dalle nostre frontiere. Ci sentiamo sicuri entro il nostro territorio – io sono io, quindi non sono un altro! Ai margini, sulla soglia, si genera instabilità, nel varcare un confine si è esposti al rischio, al pericolo. Eppure è proprio lì, nell’incastro, che qualcosa accade.
È nel momento della percezione del contatto, del limite (pelle), dello scontro e dell’incontro, che ci si apre all’altro, a ciò che è altro da sé; è nell’incastro che avviene uno scambio inevitabile, che si acquisisce conoscenza.
Cristina Iuli ci aiuterà a conversare sul tema della performance artistica.
Durante la cena, gli ospiti saranno invitati a giocare un gioco di scambio. Sarà richiesto ad ogni partecipante, accompagnato dalla lettura di Cento Quartine di Patrizia Valduga, di creare in autonomia degli incastri con il materiale fornito da Francesca Iannaccone, le forme della sua immaginazione. Le composizioni che verranno realizzate saranno punto di partenza per il suo prossimo lavoro pittorico.
1. Il gioco degli incastri
Per questa occasione la tovaglia della tavola di C O N D I R S I si è trasformata in una tela. Una tela da “dipingere”, su cui giocare a un gioco di «incastri», a comporre colori e forme – prodotto della ricerca artistica di Francesca Iannaccone.
Il gioco si è protratto per tutta, e solo, la durata della cena.
Il materiale degli incastri è stato fornito dall’artista.
Il gioco dell’incastro (da “incastrare”, inserire o congegnare una cosa dentro l’altra) ha preso avvio dalla lettura di Cento Quartine di Patrizia Valduga. E dell’incastro si è esplorato, a partite dalla sua base corporea, sessuale e fisica, le molte possibilità metaforiche.
(1, continua)
2. La materia dell’incastro
Di che è fatto un incastro? Cosa tiene insieme una cosa dentro l’altra?
La perfezione della loro coincidenza, della loro aderenza? Oppure il collante, la “materia” che ne modella la corrispondenza?
Di che è fatto il gioco erotico o d’amore?
La poesia erotica di Patrizia Valduga già dice qualcosa. Quell’incastro di aulicità della forma – la quartina rimata in endecasillabi, un madrigale – e di “bassezza” del contenuto – una notte di sesso – dice la complessità degli elementi che entrano in gioco.
C’è di che nutrire il corpo, o meglio i corpi, e la mente, e la loro “corrispondenza”, appena palpabile.
(2, continua)
3. L’incastro (perfetto?) dei corpi: l’incontro e il godimento
L’incastro dei corpi, l’incontro sessuale, perfetto è possibile?
O è la sua impossibilità ad alimentarne il desiderio?
L’incastro è in realtà fluido, mobile, a volte accoglie, altre respinge, sempre in tensione tra il comico e il tragico.
Così, nelle poesie erotiche di Patrizia Valduga.
E dopo la loro lettura, come non chiederci che cos’è un corpo che gode? E nell’incontro/scontro con un altro?
E, ancora, perché a un corpo, per sentire di esistere, tutto intero, è necessario un altro?
O, anche solo, a cosa ci riferiamo quando parliamo di un corpo?
Un corpo, come dice Cristina Iuli, è tale perché da sempre attraversato dalla parola. Siamo già «ritagliati nel mondo», siamo tutti corpi scritti, parlati, ascoltati, percepiti da altri.
(3, continua)
4. La questione dell’intimità: una domanda di conoscenza
L’esperienza dell’intimità, di cui un corpo è capace, ci interroga. Siamo ancora animali sensuali che vivono con spontaneità il contatto, il toccarsi e l’essere toccati. “Incastri” desiderati, incastri voluti, incastri naturali.
Non viviamo in una società che nega il contatto fisico. Anzi, lo declina in molti modi. Ed è questo “incastro”, questo legame sensuale, le cui espressioni sono molteplici, a farsi domanda di conoscenza: ci spinge a definire chi siamo, appunto, in uno spazio di convivenza.
Il nostro vivere quotidiano si nutre della sensualità nel contatto personale con l’altro. Abbiamo bisogno, per sentire di esistere, dell’altro. Siamo ancora sempre esseri dipendenti dall’amore, dall’intimità.
(4, fine)
5. Appendice – L’arte come «incastro» tra due o più immaginazioni
Appendice – L’arte come «incastro» tra due o più immaginazioni
«Incastri» di Francesca Iannaccone, una azione performativa, offerta “in pasto” alla convivialità della tavola. Che, alla fine della cena, si è trasformata in una riflessione sulla funzione stessa dell’arte.
L’arte può essere un gioco, un dialogo tra due o più immaginazioni. Un’incastro, uno scambio alla pari, tra persone che si muovono in spazi diversi di realtà e si nutrono di sensibilità diverse.
Che cosa ci ha permesso di giocare, di fare insieme? La creatività individuale che si compie in sé stessa, chiusa? O non invece la sensibilità, l’interesse negli altri e per gli altri, la cui immaginazione può combinarsi con la propria e, così, dare vita a nuove possibilità?
Di quale musa dunque abbiamo bisogno per generare una nuova idea, una nuova immaginazione? Se è vero, come dice Claudio, che l’opera d’arte è come un figlio, una creatura indipendente, allora è anche vero che per far nascere un figlio occorrono almeno due genitori.
(5, fine)