La teoria economica non è solo una scienza, è ciò che, di fatto, governa la nostra vita quotidiana, e, oggi, ancor più, per i molti, la sua stessa limitazione, in un senso crescente di inutilità.
La razionalità dell’Homo oeconomicus, la massimizzazione dell’utilità individuale, è in grado di spiegare l’essenziale del nostro bisogno di socialità? Davvero il legame sociale, e ciò che lo promuove, risponde alla motivazione utilitaristica del singolo individuo di massimizzare (avere) il proprio benessere?
Che ne è della pratica del dono nelle nostre vite? Un paradosso, che, nell’obbligare alla reciprocità (donare-ricevere-contraccambiare), libera l’espressione sociale della nostra vita, e ci restituisce la complessità del nostro essere sociale?
A partire dalla pratica del dono, è forse possibile ripensare la costruzione economica della società.
Ad aiutarci a riflettere su questo tema Roberto Marchionatti.
1. L’«individuo massimizzante» e la scienza economica
Gustare insieme il sapore della fresca salsiccia di Bra (un insaccato di carni magre bovine) non è bastato a sciogliere subito il problema.
L’immagine dell’‟homo oeconomicus”, dell’individuo che persegue l’obiettivo di massimizzare la propria soddisfazione – egoistico in ciò – è un modello potente della scienza economica. Anzi, un modello di razionalità, che tende a egemonizzare – di «imperialismo» ha parlato Roberto Marchionatti – le altre scienze sociali.
È un modello di base che intende valere per ogni epoca storica, e per qualsiasi società. E che assume di poter spiegare qualunque comportamento umano (basato su preferenze per principio non discutibili) in termini economici, e proprio nella constatazione che la razionalità umana è sempre limitata.
Questa economicizzazione dei bisogni umani è un orizzonte insuperabile nel pensare le basi della socialità umana? La politica del «dono» può rappresentare un’alternativa?
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2. Il nostro immaginario sul dono
Che cos’è il dono? Uno scambio sociale, anzitutto. Un po’ in disuso, oggi.
La gratuità del dono sembra farci uscire del tutto dalla logica economica. Un dare altruistico, libero, gratuito, senza alcuna contropartita. Ma così sembra, per paradosso, essere la semplice proiezione in negativo del calcolo dell’interesse dell’‟homo oeconomicus”.
Forse c’è qualcosa di più. Almeno, come fatto sociale. Qualcosa che invita a guardare alle relazioni sociali né solo come a un obbligo contrattuale, né solo come a una libertà altruistica. Ma come a un bisogno di espansione dell’esistenza personale, che conserva il carattere di utilità della vita pratica.
Nel dare senso al proprio lavoro? Nel trovare il tempo per gli altri? Il «dono» quindi come valore in grado di generare «abbondanza», in tempi di «scarsità», nel godimento comune della nostra vita sociale? Un’espressione di saggezza?
(2, continua)
3. Dal progetto di società di Adam Smith a…
Nella società, per la riproduzione materiale della vita degli individui vale ancora sempre ciò che ne pensava Adam Smith? E cioè che:
«Noi non ci rivolgiamo alla loro umanità, ma al loro egoismo, e con loro non parliamo mai delle nostre necessità, ma dei loro vantaggi.»
(da Adam Smith, La ricchezza delle nazioni)
Un assunto etico – il nostro interesse egoistico – su cui Adam Smith riuscì a immaginare la «società di mercato» come progetto politico di pace per la società.
Davvero la nostra «naturale» socialità si risolve tutta nella dimensione economica dello scambio di merci? È al «mercato» che si compie pienamente la nostra natura umana?
O c’è qualcosa di diverso, e di possibile ancora?
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4. …alla lettura del dono di Marcel Mauss
La logica del dono, presente nelle società selvagge, sembra andare all’origine dell’ambivalenza dei rapporti umani.
Come scrive Marcel Mauss nel Saggio sul dono, nel riflettere sul contratto sociale che tiene insieme gli uomini: «due gruppi di uomini che si incontrano non possono fare altro che: o allontanarsi – e, se si dimostrano una diffidenza reciproca o si lanciano una sfida, battersi – oppure venire a patti».
La logica primitiva del dono sembra offrire una radicale alternativa ai problemi di conflitto connessi alla formazione del potere, e alla sua distribuzione – tanto all’interno quanto all’esterno – di una società.
(4, continua)
5. La «logica del dono», oggi
Il tema del dono è la questione fondamentale dell’incontro con gli altri. E ne è anche una possibilità alternativa.
La dinamica umana della convivenza genera gruppi. E, come ci ricorda Marcel Mauss, può portare, nel loro incontro o alla negazione reciproca, che più spesso comporta il ricorso alla violenza, o all’accettazione reciproca.
Come gestire la violenza entro la convivenza umana? Come promuovere la cooperazione, pur nel conflitto «senza massacrarsi», come auspica Marcel Mauss?
In effetti, nel sistema dello «scambio di mercato», della scambiabilità universale, gli individui si mantengono in una sorta di indifferenza reciproca, «come se» fossero isolati gli uni dall’altri. Il fatto di dipendere gli uni dagli altri, per la loro stessa sussistenza, è in apparenza affidata alle cose, al loro valore monetario, al loro prezzo.
La «logica del dono» – dell’obbligo della reciprocità – è radicale: ci fa vedere che, nella dinamica delle relazioni umane, in gioco c’è la possibilità di progettare un mondo che va o verso l’accettazione o verso il rifiuto degli altri, e, in termini più estesi, verso la condivisione e l’alleanza o verso la competizione e la guerra.
Che cosa muove all’azione – verso l’una o l’altra delle soluzioni?
La logica del dono ci mostra che è la dimensione politica, il contratto sociale, a fondare il «come» della convivenza umana.
Ma, allora, che società vogliamo? Che mondo vogliamo?
«Senza accettazione reciproca non può esserci coincidenza di desideri, e senza coincidenza di desideri non c’è armonia nella convivenza, né nell’azione né nella ragione, e quindi non c’è libertà sociale.» (Humberto Maturana)
(5, fine)