Il presente dell’umanità si trova in una situazione che mostra molte somiglianze con quella rinvenibile nel XVII secolo. Allora, per una concentrazione di cambiamenti – di ordine economico, tecnologico, scientifico, geopolitico, religioso, demografico – quel tempo rappresentò il passaggio all’epoca moderna. Un passaggio che sembrava irripetibile, le cui premesse e il cui svolgimento furono l’occasione per modificare radicalmente lo sguardo sull’essere umano nella cultura occidentale.
Oggi, l’apparato culturale, che proprio in quell’epoca ha preso forma e che presidia i fenomeni economici, tecnologici, scientifici, geopolitici, religiosi e demografici, si presenta come inadeguato. È come se fossimo in una incerta “terra” di mezzo. L’impressione è però che all’orizzonte non si profili un modo di riflettere adeguato all’insieme di questi cambiamenti.
Di quale innovazione culturale, concettuale e linguistica, avremmo bisogno per incarnare in modo adeguato il presente? E per uno sguardo possibile sul futuro?
Ad aiutarci in questa riflessione ci sarà Maria Grazia Turri.
1. Far dialogare (e al plurale) concetti e realtà
Viviamo nel tempo dell’incertezza. Una cosa è viverne l’esperienza individuale, altra è dotarsi di strumenti culturali per affrontarne la comprensione, capaci di tenere insieme la pluralità di cambiamenti che investono la sfera delle nostre vite. E di far dialogare i domini dell’esperienza individuale e sociale, come quello della sfera economica e quello della politica, con la realtà stessa del loro cambiamento.
Nell’età dell’incertezza sta emergendo già una base alternativa al sistema capitalistico di produzione delle nostre vite?
Al riguardo, è necessario un di più di riflessione. Che, per trasformare l’esperienza individuale in cambiamento, deve poter diventare patrimonio culturale.
Nota: La parte iniziale del video della cena è mancante. È stata compromessa dall’instabilità del sistema di registrazione. Per avere un’idea di ciò che è stato detto: Maria Grazia Turri, Gli dei del capitalismo. Teologia economica nell’età dell’incertezza (2014).
Dal risvolto di copertina: «L’attuale crisi, che è soprattutto culturale, ha messo in luce quanto siano ormai inadeguate e inattuali molte delle idee che hanno presidiato negli ultimi cento anni l’ambito economico e che hanno contribuito a spezzare il complesso filo delle relazioni che legano l’economia alla politica. L’economia ambisce a dare a tutti gli abitanti del pianeta un orizzonte di senso, proprio come la religione, e come la religione si fonda su un insieme di credenze che vorrebbero mantenere unita la collettività e che gravitano intorno a un pantheon di miti e di simboli: il “mercato”, il “denaro”, la “libertà”, la “razionalità” e la “felicità”. Se queste credenze non vengono decostruite e sfaldate non si aprono margini per pratiche economiche generalizzate che rispondano a logiche diverse da quelle in atto. Sono il “debito” e la “comunità” le dimensioni che possono ricostruire un tessuto sociale e individuale fortemente frantumato».
(1, continua)
2. Esperienze di cambiamento (al plurale)
Esperienze individuali a confronto. Esperienze di cambiamento. Con tempi diversi, al plurale, che nel corpo dell’individuo, nel suo sistema motorio, sembrano avere un punto di convergenza – il corpo, un impasto fatto dai tempi lunghi dell’evoluzione biologica e da quelli contingenti dei contesti dell’esistenza individuale.
E tra queste due durate, in gioco, ci sono i tempi del cambiamento culturale.
(2, continua)
3. I giovani e i «conti» con l’incertezza…
L’economia del denaro incorpora il tempo nel suo meccanismo di gestione della realtà. Che, al presente, è un tempo di incertezza. Una messa in dubbio del futuro. A farne i conti è oggi un’intera generazione di giovani.
Maria Grazia ne ha dato un’interpretazione.
Fino a quando il dominio dell’economia continuerà a fornire l’orizzonte di senso delle nostre vite?
(3, continua)
4. …tra possibilità e opportunità
Questa età dell’incertezza contiene la premessa per ridefinire le relazioni di potere della società? È un’opportunità per liberare lo sviluppo delle individualità? È, quindi, lo stato di incertezza che viviamo un valore?
Per alcuni giovani sembra essere l’opportunità di conciliare il tempo di lavoro e il tempo libero, di potersi realizzarsi nel proprio fare, della propria attività professionale. È un fare che incorpora creatività, le dinamiche creative del fare stesso.
Sarà l’arte a salvare il mondo, come voleva Fiodor Dostoevskij? Forse. Certo è difficile immaginare nuove modalità di relazione di potere al di fuori delle stesse dinamiche emotive, che sono strutturali alle relazioni umane stesse.
E, in effetti, la bellezza, nell’emozione che suscita, ha il potere di cambiare il nostro sguardo.
(4, continua)
5. C O N D I R S I e la cura del fare
Il progetto C O N D I R S I, dell’«avere cura per conservare»: dalla pratica del conversare insieme a tavola alla cura condivisa del fare. E farne un evento.
Si tratta di «operare» sul tema della possibilità di liberare il bisogno espressivo che appartiene al fare, al fare che «è» esso stesso pensare, al fare che incorpora la creatività, le dinamiche creative dell’essere umano, come parte stessa della sua necessità di vivere.
Quel «prendersi cura» equivale a dilatare l’«artistico» al fare, all’attività umana; ma si tratta di farlo nel riconoscere una comune umanità; si tratta di dimostrare che a partire dalle condizioni sociali della nostra vita, di una comune socialità, è possibile lo sviluppo creativo dell’individualità. Ognuno nel suo ambito di azione, e nella sua professionalità.
Allora, si tratta di «mettere insieme», in un evento conviviale, esperienze di condivisione e pratiche creative di messa in comune della nostra vita attiva.
(5, fine)