TOLLERARE
/tol·le·rà·re/
tr. [dal lat. tolerare, affine a tollère «levare>>] (io tòllero, ecc.), sollevare, sostenere, sopportare.
- Atteggiamento di rispetto o di indulgenza nei riguardi dei comportamenti, delle idee o delle convinzioni altrui, anche se in contrasto con le proprie.
- Scarto stabilito (ammesso) rispetto ad un valore.
La performance di Gigi Piana si muoverà, fisicamente, intorno alla parola “tollerànza”, esplorerà il limite della nostra ed altrui capacità di praticarla.
1. Da “tollere”, sollevare, levare su, sostenere
Una definizione etimologica per iniziare, dal latino “tollere”, sollevare, levare, sostenere.
Un termine che, nella gestualità di Gigi Piana – mani sollevate nell’azione di sostenere e di porgere in avanti –, diviene il segno di una relazione all’altro, relazione che va oltre, al di là del mio confine, della mia capacità di comprenderne l’esistenza. E, perciò, quel sostenere può risultare un peso difficile, gravoso e potenzialmente rischioso, da sopportare. Da tollerare, appunto.
(1, continua)
2. TOL_LE_RÀN_ZA (con le parole di Massimo Cacciari)
Gigi Piana ha messo in atto, in un gioco visuale, la parola “tol_le_ràn_za”. Ne è emersa una tessitura, quella della nostra interdipendenza, del nostro stare insieme a tavola.
Sullo sfondo, le parole di Massimo Cacciari* ci dicono che in quella parola – tolleranza – c’è in gioco il nostro destino, della nostra civiltà, il destino dell’Occidente.
* L’audio dell’intervento di Massimo Cacciari è tratto da: https://youtu.be/7tYak_tTytQ.
(2, continua)
3. Tollerare i tempi del mondo, fino a che punto?
C’è in atto un conflitto. Farsi carico dell’intreccio che lega la nostra vita a quella degli altri, della interdipendenza del mondo, significa guardare in faccia allo scontro che è in atto. Il risultato di questa contesa è il tempo sottratto alla realizzazione di sé, il tempo sfuggito alla costruzione delle relazioni molteplici della nostra vita, il tempo rubato alla creatività individuale e collettiva.
E, questo, lo si sa bene per cosa accade. Per la necessità di guadagnarsi da vivere, per il dispendio di un tempo di lavoro che sempre più è reso povero. Ma per quanto tutto ciò sarà ancora sopportabile?
Questa, alla fine, la riflessione che è emersa dalla tessitura del gioco in cui Gigi Piana ci ha coinvolto a tavola.
(3, fine)