Il nostro tempo è segnato dalla possibilità concreta di trasformazione della condizione della specie umana, dalla sua radicale riprogettazione tecnologica. È una situazione che reclama un urgente bisogno di riflessione filosofica.
La storia del pensiero umano è sempre stata caratterizza dagli sforzi, sia individuali che collettivi, di comprendere, superare e/o sostituire paradigmi culturali ereditati. Siamo una specie capace di andare sempre avanti. Più e più volte siamo stati in grado di ampliare i limiti imposti, a volte, dalla contingenza storica, altre, anche dalla nostra stessa condizione di esseri umani.
Allo stesso modo, questa ricerca è sempre accompagnata dal confronto sulle idee, opinioni e giustificazioni. Per secoli, le narrazioni hanno fornito una cornice di legittimità ai cambiamenti o alle resistenze al cambiamento prima del suo effettivo verificarsi. Tuttavia, nel tempo presente, è la tecnologia del digitale, con l’incremento esponenziale delle sue risorse di calcolo, a costituirsi come una potenza egemonica, incommensurabile, capace di prevedere, decidere e persino legittimare le nostre azioni.
Che cosa può dire la filosofia? A orientare la nostra compressione su questo nuovo paradigma tecnologico che investe in maniera sempre più accelerata il nostro tempo, ci sarà José Manuel Silvero*.
* José Manuel Silvero è professore di lingua e cultura guarani, ordinario di filosofia e direttore alla ricerca e dei rapporti internazionali presso l’Universidad Nacional de Asunción (Paraguay). È anche assessore presso la Commissione di Educazione del Parlamento e membro titolare della Commissione Nazionale di Bioetica del Paraguay e del Comitato assessore del Programma regionale di bioetica dell’UNESCO. È stato anche Visiting Professor presso l’Universidade de Lisboa e presso l’Universidad Nacional Autónoma de México. Le sue linee di ricerca comprendono la filosofia della cultura, la bioetica e il pensiero latinoamericano. Oltre la Historia del pensamiento paraguayo, scritto insieme a Sergio Cáceres, è autore di due libri de grande impatto nel mondo ispanico: Nambréna (2009) e Suciedad, cuerpo y civilización (2014). L’ultimo suo libro è Lecturas para una filosofía de la educación (2017). È senza dubbio una delle voci più originali della filosofia latinoamericana attuale.
1. Una premessa e la prima storia o della possibilità di sbagliare
La bioetica può contribuire a costruire un mondo migliore?
Una premessa. Quale “ordine” introduce l’esperienza “estetica” del mondo digitale, nel suo obiettivo di “profilazione”, rispetto a quella “caotica” che vige nell’esperienza del mondo “naturale”?
La prima storia esprime l’interesse di prendere una posizione politica riguardo alle nuove tecnologie.
«Un racconto ha sempre l’intenzionalità di incidere negli altri che ascoltano», «di comunicare qualcosa che però viene da un interesse», da una serie di presupposti assiologici, una presa di posizione, anche ideologica, a partire dalla quale guardare al mondo.
La prima storia si apre su una domanda: È possibile essere sempre d’accordo su tutto? Una domanda terribile.
Una domanda che per José Manuel Silvero è rilevante per la bioetica, e riguarda il tema della “deliberazione”. Perché, nel comprendere da dove viene questa necessità – che è una «finzione» – di essere sempre d’accordo, è possibile ricavare una lezione sulla nostra condizione umana, e sul nostro sistema educativo.
E, alla fine, la profilazione, che le nuove tecnologica digitali perseguono, potrà apparire come un’impresa di Procuste.
(1, continua)
2. La seconda storia o dell’idea di esperienza
Come regoliamo gli stimoli che provengono dall’esperienza del mondo e dell’esistenza?
La seconda storia ci racconta che oggi lo “schermo” di qualunque dispositivo digitale è il grande protagonista dell’esperienza. Ci racconta la tensione, il conflitto che c’è tra la vita corporea e la vita simulata. Ma la felicità che possiamo ricavare dall’una o dall’altra è forse meno reale? Che cosa davvero costituisce la “pienezza” della nostra esperienza?
Le nuove tecnologie digitali ci pongono, dunque, di fronte a questo problema: di quale mondo essere responsabili?
(2, continua)
3. La terza storia o della “bioetica operativa” e un desiderio, anzi due
Solo la solidarietà può salvarci? Per una visione anti-individualistica della bioetica.
La terza storia è la proposta di José Manuel Silvero di una “bioetica operativa”, e il riconoscimento di un felice incontro con Volnei Garrafa e la sua “bioetica dell’intervento”. La bioetica operativa è una presa di posizione politica in difesa della solidarietà, di una convivenza sociale a partire dagli esclusi dalla “ricchezza” del mondo.
I due desideri espressi da José sono una riflessione sull’importanza per la bioetica di assumere l’impegno “politico” di rafforzare una politica pubblica (Stato sociale) di accesso al bene comune da parte della maggioranza della popolazione.
Ma qual è la funzione “emergente” delle nuove tecnologie digitali? Se non, appunto, che sia accessibile in modo che si possa vivere meglio, per essere più felici? Che altro, se non per avere più tempo per dare espressione al tekohá – una parola guaraní per dire che la nostra esistenza trova la sua pienezza nel luogo degli affetti, dei suoi legami sociali?
E niente più del conversare insieme esprime meglio il valore dell’essere umano.
(3, continua)