Il tema del rifiuto riciclabile è, per Roberto Nada, un tema per l’educazione dei bambini e delle bambine. Una consapevolezza ecologica del rifiuto di plastica abbandonato (su una spiaggia, per esempio) richiede un approccio narrativo; c’è bisogno di una storia, per scorgere il contesto, la struttura temporale, che connette il rifiuto alla (ir-) responsabilità dell’attività umana, e riconoscere la violenza che la natura umana esercita sulla natura non umana.
Ma l’educazione ambientale è sufficiente a produrre una svolta nella gestione politica dell’ambiente? O c’è bisogno anche della competenza propria della ricerca scientifica e della sua divulgazione, per accrescere nel dibattito pubblico la consapevolezza della complessità del problema della transizione ecologica?
Quale soluzione adottare, ad esempio, per salvare la risorsa più vitale, che è l’acqua, sempre più a rischio di scarsità? Esiste già la consapevolezza culturale che non è più possibile permettere alla città di essere una voragine idrovora? Come progettare una città come luogo in grado di usare risorse locali e amplificarle nel territorio, senza sprechi e senza produzione di materiali non riciclabili? Un discorso che vale anche per le fonti energetiche della mobilità urbana.
Non è la tecnologia il problema ma la cultura di una mentalità predatrice della natura, la mancanza di visione olistica degli elementi della vita.
(4, continua)