C’è bisogno di una narrazione alternativa etica al discorso “la torta è questa”?

Fino a che l’individuo continua a riferirsi alle condizioni sociali e materiali della ricchezza, «che è lui stesso a elaborare, non come a quelle della propria ricchezza, bensì della ricchezza altrui e della propria povertà» (Karl Marx), come è possibile uscire dalla narrazione corrente che il problema della crescente diseguaglianza sia solo un problema di ripartizione della ricchezza generale, a giochi già fatti – la “torta è questa”? Di quel che cioè resta della torta. Perché il divario crescente tra chi ha sempre di più e chi ha sempre di meno è già il risultato del fatto che la partecipazione dell’indivi­duo alla ricchezza generale è solo funzionale al processo di valorizzazione (mone­ta­ria) del capitale, e la lotta per quel che resta della torta finisce poi per tradursi in una guerra tra poveri.

Esiste una narrazione alternativa, improntata a un’etica di maggiore giustizia sociale? Ce n’è bisogno, ma chi oggi è in grado di farsene carico? Per Roberto Fineschi, però la narrazione non basta. Il problema è uscire da una prospettiva individualistica. Nel partire da sé stesso, per l’individuo il cui interesse privato consiste nel destinare le proprie risorse nel raggiungere il massimo livello di utilità qualsiasi interferenza – di un altro – appare come una minaccia.

La promozione dei valori del rispetto reciproco, per quanto desiderabile, non può bastare fino a che persistono i “meccanismi” sociali che producono diseguaglianza e precarietà sociale. Il problema sta nell’intervenire a livello di politiche sociali. Ma oggi quale soggetto politico si fa portatore di questa prospettiva, cioè di come far funzionare, di come organizzare la società per una maggiore giustizia sociale?

(4, continua)

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