Perché a fronte di scenari di rischio – dissesti idrogeologici, erosione costiera, epidemie agroalimentari – si persegue un modello di sviluppo economico, tipo degli ultimi decenni, che si caratterizza per l’eccessiva pressione antropica sui territori (uso del suolo e delle risorse idriche), quale causa diretta dell’alterazione degli ecosistemi?
Eppure, quel modello di gestione, nel causare degrado ambientale (alterazione o distruzione di risorse scarse e irriproducibili, perdita di biodiversità), non fa che mettere in crisi lo stesso tessuto sociale, la cui esistenza è dipesa dalla relativa prosperità di quel modello di politica territoriale.
Per Emanuele Leonardi, perseverare in questo approccio progettuale mette in gioco la “vita decente” della popolazione di un territorio. Come allora spiegare questa tendenza al degrado ambientale e sociale, che non consente di immaginare un futuro? È solo un problema culturale – di “ignoranza” – di mancanza di conoscenze e competenze nella soluzione tecnica del problema ecologico? È un problema di miopia politica, di ricerca dell’immediatezza del risultato ai fini di costruzione del consenso, che guarda solo a interessi di breve periodo, in prevalenza di tipo economico?
Forse è un problema più radicale: la salvaguardia degli ecosistemi, e la loro gestione, anche tecnologica, come fonte di progresso e di educazione, richiede di ripensare la convivenza umana, il senso dell’umano come collettività, e il suo intreccio profondo con l’ambiente.
(5, continua)