Passare il tempo a farsi selfie per diventare un influencer sui social non aiuta a conoscere come funziona il mondo, e neppure mette in condizione di comprendere qual è la propria posizione in esso. Questa diffusa aspirazione giovanile è un fenomeno sociale.
Per Andrea Fumagalli, la sua spiegazione è da ricondurre al passaggio storico di un esteso processo di formazione della soggettività individuale, e del suo immaginario – dalle “tecniche disciplinari” (Michel Foucault) alle “tecniche di controllo sociale” (Gilles Deleuze) –, la cui necessità sta nella dinamica interna all’organizzazione capitalista della produzione.
All’espulsione dalla fabbrica (taylorista/fordista) di “lavoro vivo”, con l’introduzione dell’informatica nel processo lavorativo, viene a corrispondere l’estensione all’intera vita individuale dei processi di “messa a valore”, di mercificazione. L’individuo, anche come corpo assoggettato a un edonismo consumistico, finisce per convertire sé stesso su smartphone in un “flusso di informazioni”, in un’immane raccolta dati per il mercato.
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