In uno scenario futuro, di che natura sarà lo spazio – uno spazio comunicativo – dell’esercizio politico del linguaggio, del dibattito pubblico? Perché sarà la modalità di partecipazione offerta da questo spazio – una piazza virtuale? – a definire al tempo stesso la nostra posizione nel mondo.
Un’agorà pubblica che sarà sotto il segno di una “finzione”, di una presenza, la nostra, di individui a immagine di avatar? La possibilità di scongiurare questo esito, e di dare corpo al bisogno del fare politico, del partecipare alla definizione delle condizioni materiali della vita comune, di convivenza, chiama in causa una modalità d’uso del linguaggio.
Perché il linguaggio? Perché è nel linguaggio che facciamo affermazioni sulla realtà, su quello che ci accade, ed è nel fare riflessioni su che ci accade che siamo quello che siamo, che “noi esseri umani siamo umani nel linguaggio” (H. Maturana). Che è poi ciò che tiene insieme, e al tempo stesso in tensione, l’esperienza del linguaggio e della scienza e dell’arte.
Forse però abbiamo ancora bisogno di imparare come nel nostro fare politico, e nel nostro “fare simbolico”, è in gioco il nostro operare come esseri biologici, corporei, viventi. E, questo, è un vincolo ineludibile. E forse anche un terreno di battaglia per il senso della nostra stessa convivenza.
(3, continua)
Video appartenente alla cena:
Cena Nº70
La sindrome di Hyde Park Corner. Come trasformare i soliloqui in dialoghi
con Giuseppe I. Morello