Decrescita e vie del reincanto: la convivialità

In un mondo, quello della modernità, la cui cifra è il disincanto, dove il mondo diventa positivo – dalla positività tecnico-scientifica, basata sulla misurazione e riduzione a dati della vita tutta, alla positività etico-culturale che impedisce di immaginare un mondo che non sia quello che è – la  società, nella sua pratica produttivistica e consumistica, sembra, ed è un paradosso, soggetta a un’“immaginario dominante”, al sortilegio capitalista di una crescita economica infinita.

L’approccio alla decrescita nella sua attuale tendenza – «in cui si cerca con gli strumenti dell’economia ecologica e della giustizia sociale, di quantificare quanto l’economia debba “restringersi” […] per rientrare nei limiti planetari» – questo approccio, per Mauro Bonaiuti, al problema dei limiti della crescita, per quanto necessario, non basta più. Ciò che è oggi necessario è un mutamento di rotta, un diverso approccio.

“La decrescita si è trovata di fronte al problema della piritualitàlità”. (Serge Latouche)  In altre parole, la direzione di una rottura radicale proposto dalla decrescita richiede di lavorare su un progetto di civiltà alternativa, di progettare in una chiave antropologica “vie di reincanto” del mondo. La prima di queste vie – prima, nel contesto della nostra tavola – è la convivialità (Ivan Illich), una convivialità come metodo di ricerca, di ricerca comune, e come modalità di convivenza e come di comprensione condivisa del mondo.

(1, continua)

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