L’esperienza amorosa del desiderio, alla fine, nella sua espressione più irriducibile, sembra essere la questione di una anomalia del soggetto, della sua “perversione”, il fatto, cioè, che il soggetto agente e il soggetto passivo sconfinano l’uno nell’altro, e in modo inestricabile.
Da una parte, il soggetto fa esperienza di un’uscita da sé, di una dilatazione dei confini della propria vita, che, nella sua forma precedente, appare come un artificio vuoto, soggetta a convenzioni sociali e mancante di profondità spirituale, insomma, fa esperienza della propria alterità, nel conferire un senso di pienezza all’esistenza; dall’altra, il soggetto sperimenta la passione [πάθος, pathos], quella forza emotiva che lo consegna alla perdita delcontrollo di sé, al sacrificio del proprio io, capace di innalzarlo a un godimento più grande o di abbatterlo nel dolore della sua stessa perdita.
Ma, allora, l’esperienza del desiderio altro non è che il paradosso di un potente autoinganno, una «trappola»?
(3, continua)