Parlare del tempo è qualcosa che facciamo d’abitudine, come di una realtà che quasi va da sé.
A cena, ci siamo spinti a definire i «livelli» con cui possiamo parlarne. Pare siano quattro. Cinque, in realtà. Il primo è quello dell’esperienza soggettiva, ed è distinguibile sotto due modalità diverse dell’esperienza individuale del tempo.
A questo segue un secondo livello, quello dell’esperienza sociale, simbolica, del tempo, e, a questo, un terzo, quello riflessivo, concettuale, sui fondamenti della realtà del tempo.
Per il quarto, secondo la teoria della relatività, quello dello spaziotempo, della realtà quadridimensionale dell’universo, non abbiamo avuto fortuna.
Siamo rimasti in attesa di un ipotetico viaggiatore dell’universo che fosse transitato vicino alla terra a una velocità prossima a quella della luce. Non è però arrivato. Altrimenti, avrebbe potuto confermarci che, per noi sulla terra, la nostra cena è durata soltanto quattro ore, e ciò indipendentemente dal senso soggettivo, per ognuno di noi, del suo scorrere, e al di là del fatto che era l’ora della cena, secondo la nostra convenzione sociale; per lui, invece, la cena sarebbe durata centinaia di anni.
PS: Durante la cena si è fatto un po’ di confusione tra i livelli. Quello denominato “quarto” è in realtà il “terzo”. Del quarto, appunto, non c’è stato tempo di parlarne.
(2, continua)