I tre libri de Il capitale: una teoria della modernità nel suo complesso

La nuova edizione storico-critica dei tre libri de Il Capitale contiene l’esposizione, là dove si presenta in forma compiuta, di una teoria vera e propria. E, inoltre, là dove risulta allo stato di manoscritto, e non risolta in alcuni nodi controversi – come la teoria della trasformazione dei valori in prezzi e la caduta tendenziale del saggio del profitto –, è possibile, per Roberto Fineschi, rintracciare una coerenza che nel dibattito tradizionale è stata contestata all’opera di Karl Marx.

«Una coerenza che è molto più simile alla realtà, che si sviluppa cioè in una direzione anche più aperta a un eventuale integrazione, a un cambiamento della teoria». Ad esempio, una delle questioni chiave, che nel discorso dominante scompare, «è che siamo in un’economia capitalistica»; al concetto di capitalismo la pubblicistica corrente preferisce sostituire la parola “economia”, come fosse un’entità astratta, attraverso cui si opera una “naturalizzazione” di un modo di produzione, quello capitalistico, che è in realtà un’epoca della riproduzione umana nella natura. L’economia in generale per Karl Marx non esiste.

La teoria marxiana è appunto la teoria del modo di produzione capitalistico e, più che una teoria economica, è una teoria generale della società, della modernità nel suo complesso. Ma in quanto realtà storica, che Karl Marx analizza a partire dalla sua “cellula elementare”, la merce, quale processualità interna presenta il modo di produzione capitalistico, la civiltà del capitale? È una processualità che mostra una sua “finitezza”, che non è imputabile al solo fatto di essere storica, ma al fatto che la sua dinamica di sviluppo entra in contraddizione con sé stessa, per una contraddittorietà interna alle stesse leggi della sua evoluzione. Una “logica del capitale”, che per la capacità interpretativa marxiana può essere usata per trasformare la società.

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