Perché non immaginare un’organizzazione, come lo Stato, che invece di massacrare, fa del bene all’umanità?
L’attuale situazione di “crisi”, per prima quella ecologica, può rappresentare un’opportunità per una presa di coscienza della necessità del cambiamento. Di una rivoluzione. Ma dall’alto o dal basso?
In ogni caso, a ciò si oppone una serie di limiti. Limiti cognitivi di Homo sapiens, la sua incapacità di previsione del futuro; limiti del top management mondiale, la sua “ignoranza” culturale, formatasi su un pensiero (economico), comune e dominante, riduttivo; i limiti stessi della vita organizzativa delle istituzioni, nelle loro pratiche di routine nella gestione dell’esistente.
E tuttavia – questa è la conclusione di Giovanni Leghissa – Homo sapiens può farcela! In base alla sua capacità (rara) di apprendere ad apprendere. Nulla al momento può escludere che ciò possa accadere.
Una questione di tempo, del tempo prima della catastrofe, in cui ne va della nostra sopravvivenza. Da questa prospettiva, ostinarsi a vedere nella rivoluzione dei legami di intimità, nell’essere insieme, di quell’intimità che crea compassione, che è ciò che chiamiamo amore, può essere un buon punto di partenza. Nulla di sentimentale però, ma una disposizione, un’emozione biologica fondamentale, l’amore per il vivente, per l’animale, per la pianta e, perché no, anche per la pietra, di cui tutta la natura si compone.
(7, fine)
Video appartenente alla cena:
Cena Nº44
Libertà, sicurezza e organizzazione. Un’apologia del desiderio di non essere dominati
con Giovanni Leghissa