Del corpo, se ne ha vergogna. Non è l’imperativo culturale della bellezza, della sua perfezione, a liberarcene. Anzi.
Vivere la corporeità, nel qui e ora, fa paura. Eppure lì, nel contatto del corpo, nelle sue connessioni – il corpo nel mondo e il mondo nel corpo – c’è la possibilità concreta di vivere l’intensità della vita. Una mistica quotidiana della vita, della corporeità del vivere: una questione di reciproca accettazione e di reciproca intensità tra il corpo e il mondo.
Alla fine, una domanda di Aurora Lo Bue: «Cosa succederebbe, se ci riprendessimo in mano il corpo»? La coscienza del corpo apre uno scenario politico: del cosa fare, e come, per stare insieme.
(5, fine)