La figura del maestro («studente saggio») che Domenico Chiesa propone è un modello alto di scuola democratica, di cultura dell’emancipazione. Una scuola non della competizione, ma una scuola della costruzione consensuale della convivenza, fondata sul rispetto e sull’accettazione reciproca.
Per l’attuale realtà sociale e politica, questa proposta rappresenta piuttosto una scommessa, e richiede una battaglia politica.
È oggi un insegnante sufficientemente adulto da essere, come lo definisce Hannah Arendt, «un conoscitore del mondo»? Perché ciò vorrebbe dire, per l’insegnante, avere un’idea politica del mondo ed esercitare quella libertà e quella responsabilità che si producono nel farsi carico di volere o meno le conseguenze del suo fare, del suo insegnare, che appunto prepara un mondo, un futuro per i nostri giovani.
(5, fine)