Il «quarto uomo» è, per Enzo Bianchi, un cristiano disincantato. È l’uomo che nel corso della storia della Chiesa cattolica, dopo il Concilio Vaticano II, si è aperto a un dialogo con il mondo, e ora si ritrova a dover fare i conti con un mondo la cui cifra è il disincanto, e a vivere lui stesso il disincanto.
Il disincanto – una tonalità emotiva di fondo – è il dispositivo del regime moderno, della cultura occidentale, sul mondo: nessuna forma alternativa alla convivenza umana attuale è possibile al di fuori dell’orizzonte temporale della crescita economica illimitata e della proclamata libertà individuale. A questa “riduzione” del mondo nessuna attesa “altra” sembra avere ancora valore.
A differenza del «primo uomo», il cattolico tradizionalista, e del «secondo uomo», il cattolico del rinnovamento conciliare, il «quarto uomo» si è sostituito al «terzo uomo», al cristiano sensibile del ritorno al messaggio evangelico, uomo adulto ed emancipato da ogni forma di autorità, ma a differenza di questo non ha più alcuna attesa*.
È quindi nella forma dell’indifferenza che si dissolve il messaggio cristiano?
(1, continua)