Cambia qualcosa sapere che il processo di conoscenza è parte di un intreccio, del tessuto relazionale – biologico, sociale e storico – del nostro vivere nel mondo? Che ogni «riflessione ci mette tra le mani un mondo»?
Per Marco Bianciardi, ciò significa che viene meno l’abitudine a cadere nella «tentazione della certezza» del processo cognitivo, la presunzione della sua “oggettività”: la convinzione cioè di «credere che le cose sono solo come noi le vediamo, e che ciò in cui crediamo non può avere alcuna alternativa. […] situazione in cui ci troviamo a vivere quotidianamente, la nostra condizione culturale, il nostro modo di essere umani.» (H. Maturana , F. Varela)
La chiave da cui partire è comprendere che «ogni cosa detta è detta da qualcuno», e che «ogni azione è conoscenza e ogni conoscenza è azione». A partire da qui, dalla consapevolezza cioè che noi configuriamo il mondo in cui viviamo, abbiamo la responsabilità di chiederci come lo configuriamo e come noi viviamo in esso. Perché appunto questa relazionalità della conoscenza ci ricorda, per citare ancora H. Maturana , F. Varela, che «il toccare con mano è l’aspetto vitale della conoscenza ed è associato alle radici più profonde del nostro essere conoscitivo». E proprio perché ci offre l’opportunità, come osservatori, di scoprire la nostra cecità, che la nostra esperienza del mondo non è così dotata di evidenza come appare.
(3, continua)
Video appartenente alla cena:
Cena Nº50
Dal soggetto osservatore al soggetto creatore / creatura di realtà virtuali
con Marco Bianciardi