Nel mondo attuale «globalizzato», gli uomini sono sempre più «in relazione», in un’immediata e istantanea interdipendenza, ma questa interdipendenza è in grado di generare la solidarietà? Di accrescere la reciproca comprensione? Di inventare nuovi legami sociali, improntati a una maggiore soddisfazione di sé e una maggiore comprensione del mondo?
La volontà di vivere in interdipendenza con altri sembra sfuggente e fragile. Segno forse di un cambiamento critico, evolutivo dell’essere umano, da Homo sapiens a Homo Empathicus?
Si tratta prima di migliorare la natura dell’essere umano o prima le sue condizioni di vita, perché possa darsi quel cambiamento? Non sappiamo da dove cominciare.
Le emozioni ci invitano a guardare al mondo dal punto di vista del soggetto, della sua soddisfazione, per ciò che concerne la sua prosperità, la sua felicità: hanno a che fare con noi, con ciò che ci appartiene, con i nostri progetti e scopi, con quel che è importante nella nostra concezione di ciò che significa per noi vivere bene.
Può essere, però, che la nostra intelligenza come creature politiche, la nostra capacità di ragionare su una prosperità solidale, a partire dalla condizione tecnico-economica del mondo attuale, risulti carente, deficitaria senza anche uno sviluppo emotivo delle nostre vite?
Qui a tavola, per un momento, viviamo quella dimensione della convivenza che si intreccia alle emozioni della condivisione, tra cibo e parole, e prende la forma del conversare insieme.
(3, fine)
Video appartenente alla cena:
Cena Nº15
Sophia, Epistème, Tekné: dai saperi al sentire
con Antonio Tafuri Lupinacci, Laura Franzos