Per Roberto Fineschi, il punto chiave della teoria di Karl Marx consiste in questo: che le forze produttive, forza lavoro e mezzi di produzione, cioè il contenuto materiale attraverso cui l’umanità si produce e si riproduce, entrano in una relazione e interazione, i rapporti di produzione, non in astratto, ma in una modalità storicamente determinata ed è in questo “intreccio”, che si configura la forma di movimento del processo reale della società. È un “interpretazione processuale” della teoria marxiana: «egli parte semplicemente dal presupposto che per filosofare bisogna prima aver mangiato e che quindi le configurazioni storiche per cui la riproduzione materiale si struttura pongono delle condizioni allo sviluppo delle ulteriori determinazioni sociali. È un rapporto che si articola attraverso numerose mediazioni senza che sia possibile stabilire una causazione diretta e immediata» (Roberto Fineschi, Marx).
Qual è allora la chiave di lettura interpretativa della questione tecnologia in Karl Marx – della combinazione sempre più crescente di tecnica e scienza, e del suo impatto sulla società? Il fatto che Karl Marx riconduca la tecnologia, la modulazione del suo stesso sviluppo, alla dinamica di valorizzazione del capitale equivale forse a una spiegazione deterministica (meccanicistica) della relazione tra processo tecnologico e trasformazione sociale? O è possibile una lettura più avvertita?
La riflessione marxiana sulla tecnologia è semmai, secondo Roberto Fineschi, una critica dell’ideologia borghese della tecnica – della tecnica come destino, come un’entità astratta, che domina l’attività umana – ed è espressamente riconducibile alla teoria marxiana del feticismo.
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