Che l’attività creativa sia una manifestazione concreta di una ricchezza reale, è una cosa ovvia. Forse lo è un po’ meno, che il suo esercizio possa essere inteso a misura di «cazzeggio», appunto, e cioè senza altra dimensione che la produzione della totalità dell’individuo e della pienezza delle sue relazioni, della sua stessa socialità.
Quindi, a immagine di un mondo in cui l’intera economia della conoscenza, la sua ricchezza, si presenta non più come scopo della produzione e la produzione come scopo dell’essere umano. Anzi, il contrario.
Che succede se da qualche parte si comincia a costruire un mondo a misura di questa ricchezza reale fine a sé stessa? E che succede se la stessa questione, radicalmente umanista, dell’economia della conoscenza diviene, come prospetta Giovanni Ferrero, «macchinabile»?
Quali condizioni genera la «macchina informatica» a livello di vita quotidiana? E a livello della vita stessa della mente?
Da che cosa, allora, bisogna partire per capirne qualcosa?
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